sabato 22 dicembre 2012

Caro Babbo Natale spa..




Caro B.N.,
se in tua facoltà, quest'anno vorrei:

- la pace nel mondo (così sai quanto sono buono)
- che nel sottopasso delle Cure si possa andare in bici
- una sigaretta che non finisce mai (e che non faccia male)
- insonorizzazione completa di casa
- treni senza bambini e bambini senza mamme isteriche (da sostituire con mamme ad hoc: carine, buone, con minigonna, che dice va di moda)
- non ti chiedo un lavoro, mi bastano i soldi, poi il tempo me lo gestisco io, 'nun te preoccupà
- ok per la temperatura di questo inverno, che duri però fino al 32 luglio, compreso
- per quanto riguarda il panettone, tienti il burro e la pasta: mi bastano i candiditi: e anche i candidati, se puoi provvedere gentilmente, ti manderò richieste a parte per quelli
- caffé innocui con chiacchere asettiche

Se non ce la fai, un libro andrà bene: sopra le 100 pagine, così mi dura un po'; evitare sfumature, ché il mondo è bianco e nero, si sa.

Ti ringrazio inoltre per aver convinto i Maya che: basta supercazzole, please.

Tuo,
con stima,
E. M.

venerdì 14 dicembre 2012

Mi ritorni in mente: Luciano Bianciardi



Nasceva a Grosseto, novant'anni fa, Luciano Bianciardi.
In pochi si ricordano di questa straordinaria figura di intellettuale: traduttore, scrittore, giornalista. Perché ricordarlo in questo spazio? Perché negli ultimi anni della sua vita, per sbarcare il lunario, collaborò al Guerin Sportivo diretto da Gianni Brera con una rubrica al fulmicotone in cui rispondeva ai quesiti dei lettori; quesiti che spaziavano dal calcio, ovviamente, fino alla politica, alla storia, alla sociologia, al costume.

Anarchico dalla rigorosa morale (si definiva anarchico nella misura in cui l'anarchia è partecipazione libera, e non coatta, alla società), fu lucido analista dell'Italia e profetico cantore del futuro della società italiana. Cosa ne pensate di queste sue righe, "Se vogliamo che le cose cambino, occorre occupare le banche e far saltare la televisione. Non c'è altra possibile soluzione rivoluzionaria"?

Il suo romanzo più conosciuto, La vita agra (1962), fu un vero e proprio caso letterario. Metteva allo scoperto ipocrisie borghesi e meccanismi della società italiana, il tutto con ironia e sarcasmo agri e geniali. Ne fu tratto anche un film, con Ugo Tognazzi.

Avvicinarsi a questa poliedrica figura da un lato che sembrerebbe minore, cioè dagli interventi sul calcio, potrebbe risultare quasi eretico, e invece è un punto di vista privilegiato. Parlando all'uomo della strada, Bianciardi era chiaro, diretto, e soprattutto molto divertente. Ma ancora più importante per noi, si dimostra tuttora moderno. Aprendo il libro che raccoglie le sue risposte sul Guerin Sportivo, Il fuorigioco mi sta antipatico, si può tranquillamente fare questo gioco: prendere i nomi degli sportivi dell'epoca (Rivera, Schiaffino, Riva, Herrera), ma anche dei politici o attori, cambiarli con quelli attuali (Balottelli, Mourinho, Berlusconi) per scoprire due cose, la prima che ben poco è cambiato a queste latitudini, e la seconda che la sua analisi è, appunto, lucida e trascende il contesto storico in cui operava.

Facciamo due esempi. Riva e Rivera (e anche Herrera) in quegli anni vivevano storie d'amore piuttosto complicate, il pubblico morbosamente ci si attaccava e dava la colpa a quello per il loro calo di rendimento, Bianciardi sosteneva invece che si dovesse lasciarli in pace nella loro sfera privata e giudicarli solo per l'operato in campo. Sostituite il nome "Riva" con "Balotelli" e si avrà l'impressione che Luciano parli a noi.

Un lettore poi si scandalizzava perché i giocatori guadagnavano più dei ministri, e lo riteneva ingiusto. Bianciardi faceva notare che così funziona la legge di mercato, legge che ci siamo scelti. E chiosava facendo notare come le prostitute (escort, pardon) guadagnassero più di sua moglie, era giusto? Come si può vedere, i temi e le tematiche sono ben poco cambiati in quasi quarant'anni.

Bianciardi morì a soli 49 anni, minato dall'alcol in cui si rifugiò, animo forse troppo sensibile alle idiosincrasie dell'Italia del boom economico. Come tutti i profeti, vedeva la realtà e ne comprendeva non solo il presente, ma anche lo stridente futuro che si preannunciava.Lo ricordiamo con due citazioni che ci rendano lo stile, le idee, e l'ingegno di un intellettuale tra i più grandi, e poco conosciuti, degli anni '60:

Il fuorigioco mi sta antipatico, come tutte le regole che limitano la libertà di movimento e di parcheggio.

Il divorzio, di qualunque tipo, è un rattoppo su qualcosa di finito male. La battaglia per il divorzio è una battaglia di retrovia. Occorre battersi contro il matrimonio.

 


venerdì 7 dicembre 2012

Mi ritorni in mente: Meazza e Zamora, una cavalleresca rivalità


 
Ci sono rivalità passate alla storia che vivono di antitesi.

Platone e Aristotele, raffigurati da Raffaello nelle Stanze Vaticane: uno indica il mondo delle Idee, l'altro ha i piedi ben piantati in terra.

Lo stesso Raffaello e Michelangelo: uno a raffigurare la grazia delle forme, l'altro la tensione spirituale che si esplicita nella tensione dei corpi.

Nello sport, nel tennis: Borg e McEnroe, come Nadal e Federer.

Ma cosa c'è di più antitetico nel calcio se non l'opposizione tra centravanti e portiere? Tra chi deve segnare il punto per la propria squadra, e chi lo deve sventare. Uno a offendere, l'altro a difendere.

Trapassano la storia del pallone i miti di Giuseppe Meazza e Ricardo Zamora, legati ancora nel nostro immaginario da una nobile contesa.

Per il Balilla, così era chiamato il milanese "Peppin" Meazza, il portierone spagnolo di Barcellona fu un rimpianto e uno spauracchio. Proprio per lui che era l'incubo di tutti gli altri numeri uno, le manone del catalano diventavano enormi, gigantesche tenaglie para tutto: ovviamente senza guanti. Ricardo, il basco o una coppola calati in testa a dettare moda, è di diritto nella storia del calcio spagnolo e mondiale. Da capitano vinse con le Furie rosse, prima nazionale di sempre, sul suolo inglese, giocando con una frattura allo sterno. Non per nulla lo chiamavano "El Divino". E ancora oggi un trofeo porta il suo nome, assegnato al portiere che subisce meno reti nel campionato iberico.

Meazza, invece, è ancora considerato da alcuni il più forte giocatore italiano di tutti i tempi. Brera e Prisco così lo pensavano. Geniale, imprevedibile, spietato davanti alla porta inventò il "gol a invito": scartata tutta la difesa avversaria invitava il portiere all'uscita, e allora sceglieva se beffarlo con un tiro a sorpresa o dribblare anche lui per entrare assieme al pallone in porta.

Oltre a partite celebri come Ungheria-Italia 0-5 o Inghilterra-Italia 3-2, Meazza fu protagonista anche nella duplice vittoria dei Mondiali 1934 e 1938. Vittorie discusse, come quel quarto di finale a Firenze: Italia-Spagna che dopo 120 minuti finisce 1-1, Zamora in porta a cui si segnò solo con una scorrettezza, Meazza all'asciutto. Replica della partita il giorno successivo: El Divino non si presenta, Meazza segna e regala alla Nazionale le semifinali. Sarà un caso?

Alla fine il Balilla Peppin riuscirà a infilare un pallone all'angolino della porta di Zamora, un tiro da 15 metri in un'amichevole di club, nel giardino di casa sua, l'Arena di Milano. E Ricardo Zamora uscì dalla sua area, territorio off limits per chiunque, e andò a stringere la mano al cannoniere. Quando due rivalità sono così grandi, non ci sono nemici, ma solo fieri avversari.
 
 
Pubblicato su Datasport e Italiagermania4-3.com il 7 dicembre 2012
http://datasport.it/calcio/2012-2013/mi-ritorni-in-mente-meazza-zamora.htm
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..Raffaello Sanzio da Urbino: disegno di testa di Apostolo, appena battuta all'asta per 37 milioni..