Terribile splendore è uno dei più bei libri di tennis usciti in Italia quest’anno. Racconta la storia dell’ultimo match della finale interzone tra il barone Gottfried von Cramm e Donald “Don” Budge, giocato sul Centre court di Wimbledon il 20 luglio 1937, con Big Bill Tilden in tribuna a tifare per i tedeschi. È soprattutto una perfetta metafora e un’eccellente trama per raccontarci la vita, la storia e la politica in Europa e negli States nei tardi anni Trenta.
Ci sono due libri di tennis che quest’anno - almeno finora –
hanno colpito per la cura editoriale e per il loro contenuto. Uno si intitola
semplicemente Tennis ed è edito da Adelphi, nel quale si raccolgono due scritti
dell’americano John McPhee, editi negli States più di quarant’anni fa e solo
quest’anno in prima edizione italiana. Il primo dei due è il racconto della semifinale di Forest Hills 1968 fra Arthur
Ashe e Clark Graebner – il cui titolo è Livelli
di gioco - narrato punto dopo punto con frequenti flashbacks psicologici e
storici, un espediente che permette all’autore di raccontarci la storia dei due
tennisti e l’America di quegli anni. Ovviamente su Arthur Ashe c’è da segnalare anche la bella biografia del nostro Alessandro
Mastroluca, la cui recensione su Ubitennis potete trovare qui: http://www.ubitennis.com/sport/tennis/2013/05/29/895708-arthur_ashe_messaggio.shtml
L’altro libro si intitola Terribile splendore. La più bella
partita di tennis di tutti i tempi. L’autore è un altro americano,
Marshall Jon Fisher, l’editore è 66thand2nd, casa editrice romana, che ne cura
l’edizione italiana - l’originale uscì a New York nel 2009 -.
Terribile splendore
ci racconta un’altra partita: l’ultima
partita della finale interzone di Coppa Davis tra Germania e USA, giocata il 20
luglio 1937 sul centrale di Wimbledon tra il barone Gottfried von Cramm e
Donald Budge. C’è però anche un altro protagonista seduto in tribuna: Bill
Tilden.
Prima di entrare più nel dettaglio del libro vi diamo alcuni
link per approfondire i personaggi:
-
su
Big Bill Tilden si veda http://www.ubitennis.com/sport/tennis/2011/03/21/477355-odor_goat_bill_tilden_parte.shtml
Come molti di voi sanno, la partita era decisiva: chi tra USA e Germania avesse vinto la
finale interzone avrebbe sfidato l’Inghilterra detentrice dell’Insalatiera, e
avrebbe agilmente trionfato. L’Inghilterra, priva di Fred Perry passato al professionismo, era nettamente più debole
delle altre due squadre. Inoltre, il computo totale del tie era di 2 a 2: Budge e von Cramm erano i rispettivi numeri uno e
avevano agilmente superato i propri singolari, il combattuto doppio era però
andato agli americani (Budge/Mako b. von Cramm/Henkel 4-6 7-5 8-6 6-4). Non bastasse
ciò, i due si erano appena affrontati nella finale di Wimbledon, dove si era
imposto l’americano al quinto, sul tedesco che arrivava alla terza finale
consecutiva a Londra senza mai una vittoria – Perry e Budge erano troppo forti
sull’erba per lui in quegli anni -. I due erano anche il numero uno e il numero
due al mondo tra i dilettanti. Non bastasse ancora ciò a dare un denso e
sinistro significato a un match di tennis, nel 1937 i venti di guerra spiravano
molto forti, dalla Spagna della guerra civile e di Guernica (26 aprile 1937) e
dalla Germania nazista. E ancora: se Budge poteva permettersi di pensare soltanto
al lato sportivo della faccenda, von
Cramm era ben conscio di dover vincere per non incorrere nella vendetta nazista.
Il libro si snoda in sei capitoli; uno per ognuno dei cinque
set più uno intitolato Dopopartita. L’autore inizia da una pallina lanciata
sopra la testa per la messa in gioco. È un’evidente citazione (sottolineata
dallo stesso Fisher) di Livelli di gioco
di McPhee di cui già abbiamo detto. E non è l’unico rimando, anzi. È proprio la
struttura che è similare. Punto dopo
punto, game dopo game, Fisher ci introduce nel clima di quegli anni e nelle
vicende personali dei tre tennisti. Come tre? Ma se a tennis si gioca in
due! E invece, in questo libro c’entra pure l’americano Big Bill Tilden, ormai quarantaquattrenne tennista globetrotter da
esibizione, eppur ancora grandissimo sulle brevi distanze e in continua ed
eterna polemica con la sua federazione, tanto da allenare ufficiosamente la
Germania e quasi parteggiare per il barone.
È difficile toccare in questo breve spazio tutti i temi e
gli spunti di questo libro scritto molto bene e molto ben documentato, frutto
di diversi anni di ricerche storiche e di incontri con i personaggi che hanno
vissuto quell’epoca. Si prova a fare una rapida carellata: l’omosessualità di Tilden e von Cramm; l’eleganza e la sportività del barone a confronto
con quella di Tilden e Budge; Budge il proletario, e il suo meraviglioso tennis
in fase di crescita di quegli anni; la
politica e le sue intromissioni nel tennis; l’atmosfera di Wimbledon degli
anni Trenta; le prime trasmissioni radio e la prima diretta della NBC; le prime
riprese televisive; i tragici destini di
von Cramm e Tilden, entrambi morti giovani ed entrambi condannati alla
galera; il rapporto di von Cramm con il
nazismo e il rapporto delle altre Nazioni con il nazismo stesso.
Poi c’è il famoso - o meglio, famigerato - episodio della telefonata di Hitler a von Cramm prima
dell’entrata sul court, e tutte le
versioni di questa storia che nel corso degli anni si sono accumulate. Incroci
con la letteratura: in Lolita è Tilden, non a caso, che si cela
dietro il personaggio di Ned Litam, che all’incontrario si legge Ma Tilden, uno
degli pseudonimi letterari del tennista. Poi ci sono descrizioni degli
allenamenti dei tennisti dell’epoca, racchette e palline, usanze e costumi, lo
stile di gioco dei più grandi e le loro vite fuori dai campi: spese pazze e
trasgressione per alcuni e morigeratezza e solo tennis per altri (vi ricorda
qualcuno?).
Una delle poche critiche negative che si possono muovere a
quest’opera è che alle volte è
frustrante seguire un punteggio attraverso un libro (es: 15-0 con un ace,
poi un dritto in rovescio porta il punteggio sul 15 pari, poi un servizio
vincente, etc...). Forse non tanto in questo caso, perché l’autore usa
intervallare molto bene quello che potrebbe essere un lungo elenco di diritti e
rovesci con notazioni interessanti e variegate. Purtroppo altri esempi tratti
da libri di tennis potrebbero essere citati a detrimento di questo modo di
raccontare (basti pensare all’autobiografia di Nadal). Perciò alle volte
l’occhio tende a scivolare su qualcuno di questi passaggi: di certo è un libro molto scorrevole e coinvolgente
nel suo complesso, sia per chi già abbia un’idea del tennis dell’epoca e lo
voglia approfondire, sia per chi ci si avvicini per la prima volta.
Allo stesso modo si potrebbe essere in disaccordo su alcune delle iperboli che qui, ma anche leggendo
altrove, si sentono in campo tennistico tra giornalisti e scrittori. Già il
sottotitolo (La più bella partita di tennis di tutti i tempi) può creare fenomeni
di orticaria. Poi si parla di colpi bellissimi, mai visti, giocatori
invincibili, e così via... Purtroppo non abbiamo testimonianza diretta e quindi
bisogna accettare la versione dei cronisti dell’epoca. E infatti queste
iperboli nascono proprio in quei decenni: si pensi all’altrettanto famoso match del secolo (tra Suzanne Lenglen e
Helen Wills) oppure all’ormai vexata
quaestio del GOAT, su cui meglio
non entrare, sperando ormai che sia una questione abbandonata dai più, ma che
vedeva all’epoca Bill Tilden come il
principale indiziato. Superati questi piccoli
ostacoli, ci si trova davanti davvero a una miniera storica di aneddoti e
personaggi, in una veste editoriale davvero notevole.
Già, perché anche l’occhio bibliofilo vuole la sua parte. Ci
si trova subito davanti a una copertina
tutta bianca, in una bella carta ruvida ma dolce al tocco e un bel disegno in
copertina che raffigura Cramm di
spalle intento in una volée alta, lo
si riconosce dai capelli e dalla cintura del suo club, il Rot-Weiss di Berlino, seconda palla in mano. Budge è pronto a ricevere e sfoderare il suo mitico rovescio, Tilden
invece è seduto, ingrigito, sullo sfondo.
A metà libro ci sono poi undici pagine di foto in bianco e nero, sulla stessa bella carta
del testo, il che non disturba affatto. Inoltre ci sono pochissimi refusi (se ne
sono contati tre più un verbo rivedibile), e in quasi quattrocento pagine non è
per niente male.
Si potrebbe discutere
invece sulla scelte delle note così concepite. Infatti non ci sono note a
piè di pagina, e nemmeno rimandi, ma ogni volta che c’è un virgolettato o
qualche accenno a qualcosa di storico, si deve andare nella sezione delle note
(che infatti è di 40 pagine, sintomo della notevole ricerca che ha fruttato
questo lavoro), cercare la frase che potrebbe avere una nota, e quindi
leggerla. Certo è un espediente comodo per autore ed editore e che ancora non
ci era capitato di vedere, solamente ci si deve fare un po’ l’abitudine; e per
il lettore a letto è un po’ complicato andare alla sezione note tre o quattro
volte per pagina.
La tentazione di raccontarvi di più su ognuno di questi
aspetti tennistici e storici è grande; serberemo a fatica il riserbo per non
rovinare il piacere a chi di voi leggerà delle gesta di von Cramm, Budge e dei
loro coetanei. Certo non vi diremo ora
chi alla fine vincerà questo match che si protrasse al quinto per il
visibilio degli spettatori... Sappiate, però, che se andrete a cercare il risultato su Wikipedia o altrove, siete decisamente
entrati nell’aura del libro e siete pronti per averlo tra le mani.
Gli estremi del libro:
Marshall Jon Fisher, Terribile
splendore. La più bella partita di tennis di tutti i tempi.
Roma, 66thand2nd, 2013 – Vite inattese, 2 - 384 p. - Eur
18,00
ISBN : 9788896538562
Recensione pubblicata su Ubitennis il 30 ottobre 2013
http://www.ubitennis.com/sport/tennis/2013/10/30/974088-budge_cramm_tilden_terribile_splendore.shtml
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