Poi cerchi di parlare quel po' di inglese che faticosamente ti sei conquistato, ma loro ti rispondono in italiano.
Insomma, il primo giorno è all'insegna dello spaesamento.
Un po' è colpa di Murphy, dal momento che quando ti serve sapere il nome di una strada ti trovi esattamente dall'altra parte rispetto a dove c'è la targa. In marmo. Sbiadita. Ed è rosso, e i portoghesi non guidano esattamente come gli svizzeri.
Poi succede che l'impatto è ormai uguale in tutti gli aeroporti del mondo: gli stessi odori, le stesse insegne, la stessa metropolitana, la cui nostra fermata è invariabilmente El Corte Inglés che ci accoglie proponendoci O despertar da força e una serie di buffi omini vesiti con mantelli e raggi laser.
Scopriamo fin da subito che:
1. Il portoghese si legge bene, ma si ascolta male;
2. I lisboneti amano dare indicazioni stradali, anche se non sanno leggere le cartine nè tantomeno riconoscono di non sapere dove piffero ti stanno mandando; sicchè si è costretti a chiedere indicazioni sempre a un numero dispari di persone, di diverse età, e poi fare una statistica comparata che dia un'approssimazione accettabile e delle coordinate spazio temporali percorribili.
Il jet lag mette fame e l'incontro con le strade di Lisboa ci mette subito all'erta: le panetterie saranno la mia rovina. Non resisto a far seguire a un panino con l'arrosto una bola con crema. Tanta crema.
Lisbona si fonda sul fritto e sulla crema pasticcera. Ogni tanto i due pianeti si fondono tra loro. Letteralmente. E nasce il bacalhau..
Ci facciamo portare in camera champagne (da loro vezzeggiato: O espumante) e cioccolata belga inclusa nel lussurioso pacchetto; in cambio cerchiamo di estorcere informazioni su come fermare la ventola del bagno che sembra comandata direttamente dall'Isis. La risposta del cameriere è al fulmicotone: you close the door, you don't listen. Chapeau! Sottinteso: importa a me assai, tanto abito a Cascais.. Portoghesi 1 - Enos 0.
Gli spaesamenti continuano: fa un caldo da maniche corte, autoambulanze uscite dagli anni '60 si lanciano contromano e fanno le pieghe che manco all'Estoril, in vetrina ci sono regine Elisabette che salutano, ma le caldarroste si vendono che manco a Bolzano.
..bye bye, my Queen.. |
Peraltro i mercatini sono uguali e pure gli addobbi, le canzoncine no, quelle sono inglesi o americane.
Lo smog la fa da padrone, in compenso gli spazi si dilatano, ma siamo ancora disorientati che dall'albergo al mare ci sia da salire e non da scendere.
Per fortuna ci facciamo guidare dalle piste ciclabili. Nuovissime. Nuovissime per il fatto che nessuno le usi: stranamente, dacché Lisboa è famosa per essere costruita su sette colli ripidi come le cascate del Niagara.
Faticosamente ci intrufoliamo in un ristorante che definire autentico è riduttivo: il cameriere ordina per noi mezze porzioni ed ha ragione: il bacalhau abbonda e ci accompagnerà per lunghi giorni. Il mio prevede: bacalhau rivoltato nelle patate fritte e nella cipolla con aglio al forno; prevede anche di tornare a casa sbuffando come una ciminiera..
Come le insegne dei ristoranti italioti: Il piccolo Napoli, El carpaccio e un'irrestibile campagna marketing dell'Instituto Espanholo che recita: Te gusta el bacalao? A mi me encanta! E come insegna fanno bella mostra di loro tre filetti di baccalà ancora crudi. C'è sempre da imparare.
..me encanta.. |
..stay hungry, stay tuna..
El bacalao sostenta mezzo mondo... Va per la maggiore anche nelle isole bagnate dalle calde acque caraibiche,ovviamente sempre battezzato nell'olio bollente. Ci sono bocconi di Portogallo anche di là da l'aghe (che in questo caso è addirittura un oceano)...
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