Tappa interlocutoria, nel senso che nel salire a La Verna (1200 m. sul livello del mar dei sargassi) ho udito le voci e ci ho interloquito. V.m. 18.
Ma tutto è partito con la messa del prete zoppo delle 8 e la colazione dalle monache (sembra una barzelletta). Il succo è che gli abbiamo finito il caffè e il burro. Però sentirsi chiedere al mattino da una monaca camaldolese come mai c'ho questo nome e le mie affinità con l'esoterismo non ha prezzo: per tutto il resto c'è mastercard, visto che si fanno pagare che neanche il Four Seasons. Per ripicca abbiamo preso in prestito per sempre due banane, una mela e un'arancia.
Da Poppi siamo partiti tardi scegliendo una delle due varianti, quella che passava dalla più antica pieve romanica del Casentino, apertaci gentilmente da un sedicenne che odorava di finocchiona, l'evidente sua colazione. Poi è toccato fare due chilometri in più per non passare in mezzo a delle greggi con tanto di cani pastore: nonostante io avessi insistito per mettere alla prova il mio ascendente sui canidi (probabilmente sarei stato morso da una pecora nera).
L'arrivo a Bibbiena è stato caratterizzato dall'attraversamento a diritto di una rotonda trafficatissima, tanto che le sagome in gesso dei pellegrini spiaccicati e meno veloci fanno ancora bella mostra di loro sull'asfalto, in attesa delle nuove puntate di C.S.I.
Su su fino a Bibbiena per un cappuccino e cornetto in centro, con tanto di gazzetta dello sport sottrattami mentre leggevo il rompipallone di gene gnocchi dal vecchietto pensionato di turno - ma col sorriso.
Da Bibbiena alta siamo scesi veloci per perderci in mezzo alle colline con somma gioia e letizia. Recuperato l'aplomb che ci contraddistingue mentre smadonniamo contro le troppe segnalazioni scendiamo a Campi per il pranzo (pizzetta e via in mezzo al parco giochi più triste del Casentino). Siamo consci che da ora in poi (300 m. sul livello del mar rosso) si sale per davvero, ma c'è comunque tempo per Sab di chiedere indicazioni a un autoctono sul nome del monte a forma di rettangolo in pietra scoscesa che ci appare. La risposta dell'abitante in loco ancora non ci è stato possibile intendere, nonostante ce la siamo fatta ripetere tre volte. Secondo me è partita la supercazzola...
Quel monte sarà, ça va sans dire, quello che dovremo scalare.
Passati sopra un ponte con evidenti divieti e una cassetta postale a lato iniziamo a salire come stambecchi impagliati. La salita sarà di due ore a una pendenza che Pantani si sarebbe rifiutato di prendere in considerazione anche in motorino.Sab davanti con passo sicuro e cadenzato, io dietro che grondo come la fontana di trevi e saltello come un pollo. Lì ho iniziato a intavolare sapide discussioni con san Checco chiedendogli perché non poteva ricevere le stimmate a Rimini e/o Riccione. Con san Giuseppe chiedendogli consigli da marito a marito. E con san Costanzo, nato stanco. Nel frattempo cercavo di alleggerirmi lo zaino mangiando gli ultimi due ovetti rimasti, abbandonano i mattoni che volevo portare ad Assisi per chiedere la grazia di una nuova casa (rigorosamente in pianura) e la cartina autostradale del benelux (non-si-sa-mai-sbagliassimo-uscita).
Raggiunta La Verna con Sab che taglia per prima il traguardo, il pelotòn seguiva distaccato di diverse centinaia di secondi, venimo assaliti da suor Priscilla, che in realtà si chiama Croce, sicula, e che da 25 anni sta quassù ma ora la mandano in pensione in un posto che non ricorderò mai. Per tantissimi anni è stata alla risepsión (reception) e ora le spiace da morire andarsene. Ha però fatto in tempo a convincerci a prendere una camera doppia invece che lo stanzone dei pellegrini (dopotutto siamo in viaggio di nozze, dixit - ma il sovrapprezzo lo abbiamo pagato egualmente come fosse il Ritz di Parigi). Ha chiuso il museo di cui è custode un'ora prima e ci ha accompagnati in camera. Nel frattempo, ervo due ore dal nostro arrivo, Sabrina era diventata un pezzo di ghiaccio che ho dovuto scongelare col phon (immancabile nel kit - suo - da pellegrina).
Prima dei vespri c'è giusto il tempo di fare un giro per i luoghi dove san F. conversava amabilmente con Gesù. Mi immagino Gesù: 'allora Checchino come butta?'; san F. 'bella Jesus, tutto under control, a parte il Saladino che non si vuol convertire, mi sa che se continua così tra qualche secolo quelli ci mangiano la pappa in capo!'; G.: 'boia dè (Gesù era piombinese da parte di nonna, ovviamente materna), mi sa che hai ragione Checco. Ti va un po' di caciucco o continui la tua dieta di erbe aromatiche?'
Il sottoscritto è rimasto comunque impressionato dal letto del santo (un umido che i miei capelli han fatto i boccoli), da frate Falcone, e dal brigante Lupo che diventò frate Agnello. Francis, comunque, nonostante la vita di stenti, c'aveva un'ironia che ce lo fa adorare!
Poi Sabrina fa amicizia con un frate livornese, una signora mezza orba ci fa delle foto insieme che a stento noi stessi non ci riconosciamo e non riconosciamo neppure il luogo dove siamo e a cena gli ripuliamo la cucina conversando con un pellegrino alle prime armi al suo primo cammino e io non posso esimermi dal fare il saggio consigliandolo di mettere sempre la maglietta della salute.Invitati ad alzarci alla fine della cena il barista ci offre caffè, amaro della Verna, non Averna, e ci regala pure tre boccettine mignon di liquori loro: mi sa che 'sta cosa del matrimonio e del viaggio di nozze ce la rivendiamo ancora per mooooooolto tempo..
E ora son qui ad adempiere i miei doveri coniugali, cioè a scrivere 'sto diario mentre la tenera consorte dorme il sonno dei giusti: ovviamente in letti separati...Domani è prevista una sosta al primo motel che incontriamo.
Malattia della giornata: Sabrina ha una vescica a causa della C di Enrico Coveri cucita nei suoi calzini.
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