Alle 7,30 ci portano la colazione in salotto. Mi alzo come fanno i lord scozzesi, indosso il mio tweed, le babbucce e la pipa e sgraniamo come dei corsari una colazione degna di Maria Antonietta, infatti niente pane, ma brioches.
Aspettiamo giusto che smetta un po' di piovere e partiamo alle 8,27 cantando la canzonetta propiziatoria di Mogol-Battisti (aaaanghiarii, aaaanghiarii, perché io da quella sera, etc...) sapendo che ci tocca la tappa più lunga: 28 chilometri ca.
I primi chilometri sono agevoli, tra stradine di campagna e poche salite e trascinato dalla signora Mantoani che tira il gruppo con passo cadenzato tocchiamo anche i 10 minuti al chilometro. Avvistiamo la prima lepre della giornata (saranno 4 all'imbrunire) che in salita sembra più veloce di un treno delle fs italiane, e più puntuale.
Ovviamente io leggo le mappe non capendo assolutamente dove siamo, ma ugualmente siamo sempre sulla retta via perché il percorso è segnalato benissimo, talora con 3-4 segni diversi, ognuno corrispondente a dei cammini differenti che sembrano rincorrersi l'un l'altro. A Petriolo scopriamo una via intitolata a K. Woytila e una a M. Luter King, evidentemente non hanno ottenuto i diritti d'autore per scrivere i nomi corretti di Martin Luther King e Karol Wojtyla! Però tre autoctoni si intrattengono con noi e ci chiedono notizie sul nostro peregrinare, peccato che tirasse un vento siberiano che levati! Svicoliamo appena possibile ma la consorte gioca il primo jolly del pit stop del giorno per cambiarsi i calzini già mèzzi. Da lì prima salita impegnativa, ma le gambe iniziano ad essere allenate, per costeggiare le mura di Citerna (che forse valeva la pena visitare, ma non importa tanto citorno, a Citerna) e ridiscendiamo ai piedi di Monterchi per risalire nella cittadina famosa per ospitare la madonna del parto di Piero della Francesca. Dobbiamo fermarci ad ammirarla. Storia davvero particolare quella di questo affresco, basti solo pensare che al momento si trova in una scuola elementare adibita a museo dagli anni Novanta in attesa che la Chiesa, il Comune e la Soprintendenza si mettano d'accordo su chi debba custodirla. Nel frattempo si pagano 5,5 euri catacranio per vederla. E per essere lunedì mattina alle 11 non è male avere 4 visitatori. L'opera è bellissima e ovviamente contravveniamo alle regole e facciamo una foto (senza flash): per 5,5 euro, un'opera sola, direi che possiamo permetterci il lusso di trasgredire una regola. E infatti la ragazza del museo se ne accorge e ordina direttamente a Giove Pluvio di far scendere un discreto quantitativo d'acqua che ci accompagna per un paio di orette.
Vorremmo ora discutere di due fenomeni inspiegabili. Il primo è che appena metto l'impermeabile, questi ha un effetto diuretico potentissimo e mi devo fermare a ogni paletto come un cane a passeggio, il secondo è la curiosa coincidenza che fa sì che sulle strade asfaltate dove non passa mai nessuno, le uniche due macchine che passano vadano in direzioni opposte e si incrociano esattamente dove siamo noi. A detta del sottoscritto è ivi applicata la legge di Murphy.
Comunque la pioggia e il vento non ci fermano ma ci fanno di certo mormorare parole indecorose per degli sposi novelli, tanto che quando smette di piovere debbo ricaricarmi di energia positiva annusando fiori rosa, fiori di pesco (vedasi foto testimonianza).
Scopriamo infine come mai Monte Santa Maria si chiama così lasciando diversi litri di sudore sulla strada per raggiungerla e assaggiamo la prima ciaccia umbra, e difatti abbiamo da poco passato il confine tosco-umbro (un fiorino!). Scopriamo che Monte Santa Maria ha una storia particolare e interessante (per tanti secoli fu un feudo indipendente e un porto franco e battevano moneta) ma che di lunedì è quasi tutto chiuso e ripartiamo per l'ultimo pezzettino di strada accompagnati da un giovane cane da caccia dal collare arancione. Il qual cane vedevamo inquieto e infatti va a stanare un leprotto e ce lo dirige verso di noi. Io mi tuffo come il grande Dino Zoff ma non c'è nulla da fare: Lepre-Pellegrino 1-0.
Camminiamo con il passo veloce della tartaruga zoppa fino all'agriturismo da incanto dove arriviamo alle 17. La gentil proprietaria (napoletana e da oltre vent'anni vera e propria anima del luogo) ci accompagna alla stanza rossa (rosse anche le luci e le lenzuola e i termosifoni) ed è tutto così accogliente che alle 20 ci serve una cena luculliana che onoriamo non lasciando manco le briciole delle prelibatezze fatte intieramente con i loro prodotti. Tanto che mi è scoppiato il bottone del pantalone di riserva.
Malattia del giorno: piede nuziale bagnato, piede fortunato..
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