25 aprile, san Marco e festa della liberazione. Iniziamo di fretta, ma prima bisogna rimettere in moto Sabrina che, testualmente e quotidianamente, ci informa che 'mi sento come se mi fosse passato sopra uno schiacciasassi'. Allora il trucco è metterle subito in spalla lo zaino, la sua coperta di Linus, e rabbonirla allettandola con la promessa del caffè.
Prima però lodi e messa (con suore che hanno visto la guerra di indipenza) al santuario e benedizione del pellegrino assonnato.
Ingolliamo velocemente la colazione assieme a dei neogenitori che discutono amabilmente dei rigurgiti del frugoletto e prepariamo gli zaini. Ricarichiamo le bottiglie ai piedi della croce e la verna inizia già ad essere invasa da orde di comitive. Facciamo in tempo ad ascoltare la domanda di una signora che chiede se il fontanello (comunissimo) eroga acqua benedetta e scappiamo a gambe levate tirando pacco a suor Croce detta Priscilla che ci aspettava al museo alle 10.
In un quarto d'ora scendiamo a Chiusi che, per far fede al nome, ha tutti i negozi chiusi, perciò si tira innanzi visto che nella mappa sembra tappa corta e tutta in discesa. Scesi dalla Verna passiamo dietro una casa in cui si sta consumando una lite evidentemente tra indemoniati, vista la quantità di bestemmie che, con la messa del mattino, ci riporta in parità (poggio e buca fa pari). E scopriamo subito il motivo: a pochi metri c'è la fontana del Campari: stavano litigando su chi andare a riempire il bacile mattutino.
Se ieri alla salita alla verna il leit motiv era Fratello Sole e Sorella Luna (vorrei ricordarne il compositore: Claudio Baglioni) cantato a squarciagola da sorella Sabrina, oggi il mantra è 'ma non doveva essere tutta discesa?'. Difatti si rivela essere un saliscendi micidiale per le gambe e soprattutto per le unghie degli alluci della moglie, che le tiene legate con il nastro adesivo degli elettricisti per non perderle.
E le discese son peggio delle salite perché ripide e con ciottoli che farebbero la felicità dei black block.
Per la prima volta incontriamo dei pellegrini, coniugi tedeschi in tenuta da alpinismo sull'Himalaya con beagle al guinzaglio che faceva scatenare tutti i cani dei paraggi.
Accompagnati dai latrati dei migliori amici dell'uomo, ma non del pellegrino, ci inerpichiamo tra boschi e sentieri con vedute di vallate che si trasformano sotto i nostri occhi ogni due per tre sei.
Entriamo in val tiberina, scopriamo abbazie abbandonate di bellezza antica, facciamo un pseudopranzo a base di arancia, mela e biscotti (tutto rigorosamente sgraffignato ai fratelli frati) e infine saliamo a Caprese Michelangelo. Che si chiama così non per aver dato i natali alla famosa pietanza, ma per averli dati a Michelagnolo dei Bonarroti. A Caprese ci è subito chiaro che ci arrivavano solo le caprette, che non facevano di certo "ciao!".
Arriviamo verso le 14,30 ma ci hanno sbagliato la prenotazione, ergo, mentre aspettiamo un trasporto su pandino verso un albergo lì vicino (ma al telefono ci avevano illuso con un residence (!)) ci facciamo viziare dal simpatico albergatore e ristoratore che ci serve dei tagliolini ai funghi e degli agnolotti al tartufo da urlo in quantità obelixiana. Vino, dolce e caffè di prammatica e poi ci accompagnano alla nuova sistemazione: il più agghiacciante albergo di caracas. Doccia e letto con dormita stile masso delle dolomiti sono un tutt'uno, anche perché puntiamo a lavare i nostri indumenti ormai posseduti dai demoni domani ad Anghiari, dove si favoleggia esserci una lavanderia automatica a gettoni. Una sciccheria per noi che ormai si viaggia da 5 dì.
Verso le 18 ritorniamo in paese per fare due fotarelle e per poi cenare, dal momento che ci hanno promesso la cena aggratis per ripagarci del disservizio: poverini, gli abbiamo fatto un danno ingentissimo.. Antipasto, primo, tagliata e dolce; il tutto innaffiato da abbondante vino.
Sembrava di essere all'O.K. Corral.. e i pellegrini non perdonano.
Peccato che il castello fosse già chiuso, ma abbiamo visto (da fuori, perché le chiese sono rigorosamente tutte chiuse) dove il grande Mich fu battezzato. Lui che nacque un giorno prima di Sabrina (due coetanei, insomma..). S'è però fatto a tempo a fare un po' di spesa per domani nell'alimentari più caro del centro Italia. Sulla strada del ritorno abbiamo la visione mistica di una pellegrina vestita di celeste che alle dieci di sera si aggirava per i sentieri con due bacchette da nordic walking ansimando e sorridendo.
Infine cerchiamo di raggiungere di nuovo il nostro giaciglio, dal quale vi scrivo mezzo asfissiato dagli afrori che si sprigionano dalla borsa dei vestiti sporchi.
Malattia del giorno: Sabrina vede offuscato dall'occhio sinistro che è tutto arrossato, eppure le ho detto mille volte di posare la forchetta prima di grattarsi il nasino..
Nessun commento:
Posta un commento