mercoledì 20 marzo 2013

Tennis di carta… straccia


La lettura, tuttora in corso, di un libro appena uscito in Italia su Roger Federer ci dà l’impulso a spartire con voi lettori il disagio e la sofferenza che provocano alcuni prodotti editoriali che sembrano specchietti per allodole. Ci meritiamo davvero questo trattamento?  È forse il tennis terreno di far west letterario? Sarà forse un business per gli editori, ma non sempre è un affare per i lettori.




Prologo 1
Succede che una sera la mia compagna ritorna da un viaggio di lavoro con un regalo per me: un libro, fresco di stampa, su Roger Federer che si intitola Roger Federer il grande. Ringrazio cortesemente, ma sono combattuto. Mi ritrovo a pensare che i libri sul tennis, o meglio, sui tennisti, sono come quella canzone di Morandi: uno su mille ce la fa. Guardo il volume colorato, da bibliofilo e un po’ bibliomane lo annuso, guardo l’editore (Edizioni Mare Verticale), scruto le foto (7, a colori: tutte già viste), lo riapro per vedere le proporzioni tra il nero dell’inchiostro e il bianco della pagina, noto una soluzione editoriale che mi piace (il numero delle pagine centrato ai margini destro e sinistro), lo giro e lo rigiro e lo soppeso. Lo parcheggio sospettoso sul comodino.

Prologo 2
Per essere trasparenti: sono uno di quelli che si è avvicinato, o riavvicinato al tennis, grazie a Roger Federer. Ero stravaccato e annoiato su un divano inglese facendo zapping una domenica pomeriggio quando capitai sulla BBC e su una finale di Wimbledon. Rimasi praticamente folgorato sulla via di Damasco. Poi, da cosa nasce cosa; inizio ad interessarmi al tennis come sport, a giochicchiarlo un po’, a leggerne, a cercare di scoprirne la storia, eccetera. Come a me sarà capitato così per molti altri. Grazie Roger.

Parte prima: il libro più scorretto che ci sia
I prologhi erano purtroppo necessari per mettere in chiaro le seguenti due cose: i libri per me sono un oggetto quasi venerabili e Roger Federer per me rappresenta molto di più di quello che non rappresenti un qualsiasi altro tennista (al di là di considerazioni oggettive inerenti il tennis stesso, sia ben chiaro questo). Insomma, mi sono ritrovato tra le mani quello che poteva essere un connubio praticamente perfetto: una tentazione diabolica che solletichi le mie pulsioni più recondite e mi facesse fare nottata bianca nella lussuria (intellettuale) più sfrenata. Sono, però, ben conscio che i libri di tennis sono di due categorie riassumibili in un modo di dire fiorentino: o bene bene o male male. Ne parlò ben meglio di me David Foster Wallace quando esprimeva la sua delusione per un libro ben preciso (si veda How Tracy Austin Broke My Heart); il rischio di un libro di tennis è quello di non dire nulla o, peggio, di procurarti un senso di frustrazione infinito. Poi ci sono libri da divorare e mettere in una teca in bella mostra nel salotto di casa. Vie di mezzo non è possibile, sembra.
Per farla breve, una sera vinco la mia prima sensazione sgradevole e cercando di non farmi suggestionare mi accingo ad aprire il libro, anche perché lo sguardo di RF dalla copertina sembrava un monito (in realtà è la foto ad essere orribile: una smorfia mentre colpisce una vollée di rovescio e in bella mostra i marchi di racchetta e abbigliamento). So quello che non mi sarebbe piaciuto leggere: un panegirico di 414 pagine su quanto lo svizzero sia buono, bravo e bello. Ci arriveremo dopo, ora devo dirvi, non posso farne a meno, perché non riesco a spegnere la luce in queste ultime due sere; non perché rimango accalappiato dal libro e non riesco a staccarmene, ma perché non riesco a credere alla quantità infinita di errori tipografici ed editoriali di tutti i tipi. Non avrei mai creduto un libro potesse averne tanti. Soprassediamo sui refusi, uno ogni tanto può scappare – ci mancherebbe! - : ma le note non corrispondono, a volte si ripetono o sono fuori posto; ci sono parole che mancano (ve lo giuro! Ed è quasi sempre la parola ATP…) per cui ti ritrovi davanti a un apostrofo ramingo che implora pietà; le intestazioni dei capitoli non hanno senso, qualcuno ha un titolo, qualcun altro ha un numero progressivo, e così via. Insomma, un vero supplizio. E dire che il prezzo di copertina è di 18 euro. Non poco. C’è pure la crisi…

Parte seconda: il libro e il suo contenuto
Mi sforzo, cerco di essere zen, chiudere un occhio, alle volte tutt’e quattro, inghiotto amaro, e vado avanti alla ricerca, se non della forma, almeno del contenuto. Teoricamente, il contenuto, se possibile, è più opinabile della forma; d’altronde i libri sono fatti per i lettori e non viceversa: e ci sono molteplici categorie di lettori. Per cui mi limiterò a infierire sulle cose che per me non vanno. L’autore è Chris Bowers, giornalista, commentatore per la BBC e Eurosport, e anche ex giocatore di tennis: sono fiducioso. Partiamo dal titolo, che non sarebbe neppure male, Roger Federer il grande; mi richiama un po’ Pietro il grande e cose simili, potrebbe essere scherzoso, andiamo ancora avanti, con juicio, ma subito ci si imbatte nel titolo in originale inglese, Roger Federer the greatest: primo campanello d’allarme (la traduzione letterale sarebbe Roger Federer il PIU’ grande). Il campanello diventa campana quando scopro che è il terzo libro scritto dall’autore sul tennista svizzero (gli altri sono niente meno che Fantastic Federer e Roger Federer – Spirit of Champion) e che l’autore stesso dice che secondo lui non è necessario leggerli, visto che in questo ripercorre gli stessi temi. Poi le campane iniziano a suonare a distesa (tipo morte o elezione di papa) quando, più o meno alla terza riga, si dà per assodato che Federer è il miglior tennista di tutti i tempi. E qui parte l’orticaria, vedo Ubaldo, Tommasi e Clerici piegarsi in due dal ridere; sorrido un po’ meno io, che mi trovo tra le mani un papocchio del genere. In quanto libro regalato mi sento obbligato moralmente ad andare avanti. Mi tappo il naso e mi ci rituffo.
Vi risparmio comunque altri dettagli e arrivo al punto: due serate di nevrosi acute, combattuto tra il lanciare il libro fuori dalla finestra nonostante la pioggia battente e l’andare avanti (anche perché comunque il soggetto mi interessa, anzi, mi interesserebbe). Alla fine della fiera, sono a pagina 175 e le uniche cose che ho imparato sono le seguenti: Federer ancora non ha dato il suo beneplacito per una biografia autorizzata sebbene, come potrete immaginare, le innumerevoli profferte (si dice però che stia scrivendo le sue impressioni e le sue annotazioni per quando verrà il momento; quel libro magari lo comprerò senza se e senza ma, anche perché dopo questo articolo dubito che la mia ragazza me lo regalerà); Federer è stato un ragazzo come tanti altri che, grazie alla sua bravura e a tante circostanze favorevoli o meno e con l'aiuto di tante persone, è riuscito a far fruttare il proprio talento (tesi sconvolgente, vero?). L’autore solleva contro di lui (si fa per dire) solo la questione della Coppa Davis, cioè del suo rapporto con la nazione e la nazionale svizzera. Dice, in poche parole, che con il team rossocrociato non sono state tutte rose e fiori, nonostante lui ci tenga moltissimo, ça va sans dire; il perché vero non si sa, ce ne sono tanti; insomma: come per ogni panegirico che si rispetti la polvere va sotto il tappeto.
La questione ora è questa: continuo a forzarmi e leggo la seconda metà o alzo bandiera bianca, e invoco la Convenzione di Ginevra abbandonando questo libro che va a fare compagnia agli altri che non sono riuscito a terminare (pochi, ne cito due per esempio: L’uomo senza qualità di Musil e l’Ulisse di Joyce)? Sono graditi vostri consigli.

Considerazione conclusiva su alcuni libri aventi come oggetto tennisti
È una trappola! Quello che penso di questo libro e di molti altri suoi fratelli gemelli (abbiano in copertina Roger, Rafa, Nole, Schiavone o Pennetta non è importante) è proprio questo: sono trappole, vetrine luccicose che promettono il nulla e mantengono il peggio. Non caschiamoci (e dio sa quanto volte già ci son cascato come un allocco). Certo, non riguarda solo i libri di tennis, riguarda tutto il mondo dell’editoria (e altre sfere, dall’abbigliamento alle tecnologie), ma fermiamoci qui. Com’è possibile, mi chiedo e vi chiedo, che non ci sia rispetto per chi poi deve leggere queste cose? Non è snobismo il mio: un libro può e deve essere semplice, ma senza per questo essere semplicistico o banale! Se non avete nulla da dire, nulla da aggiungere alla biografia che si trova su Wikipedia, forse è meglio non scriverci sopra 400 pagine, ma un articolo con quelle due nozioni in più che avete carpito dagli amici di infanzia del campione di turno sotto tortura.
Tutta questa lunghissima tirata per avere un consiglio: ormai che ce l’ho, lo finisco il libro o qualcuno di voi me lo vuole ricomprare?

Pubblicato su Ubitennis il 23 marzo 2013
http://www.ubitennis.com/sport/tennis/2013/03/23/861979-tennis_carta_straccia.shtml