giovedì 30 aprile 2015

Viaggio di nozze - giorno 9: da qualche parte prima di Umbertide - da qualche parte in Umbria

Tappa corta per tirare il fiato. E visitare Umbertide (ma ci torneremo su questo).
La notte lo scriba dorme benissimo, ma ci pensa la coniuge a rendere il tutto meno prevedibile tossendo come Mimì e andando alla ricerca di miele per calmare la tosse. Non funziona, ma ci addolcisce le ore..
Al risveglio la trovo come un bozzolo nel suo capezzale (vedasi testimonianza repertoriale).
Urge doppia moka di caffè e pane tostato salterino, cioè il tostapane a molla spara le fette a venti metri e noi le si prende con il retino delle farfalle. Il tempo di salutare uno ad uno gli alpaca, sorattutto il piccolo (Al Pachino) e andiamo veloci per concludere la tappa breve (12 km) e quasi riposante. A parte la salita iniziale che ormai ci sembra la pianura padana. Il resto è morbida discesa in ombra e su asfalto. Sono solo i bachetti che si lanciano dagli alberi a tenderci imboscate proditorie, il resto è ordinaria amministrazione. Tento anche un plastico lancio del giavellotto.Troviamo facilmente l'agriturismo assai bellino (tanto che il proprietario cerca di convincerci a rimanere due notti al prezzo di due notti) e dunque non ci resta che docciarcisi e approntarci al pranzo luculliano: 3 ova sode dell'altro giorno, cuori di mela stantii, un muffin in due, una mela e un'arancia, poi bucato e il meritato letto. A me mi si chiudono gli occhi ma non si può dormire: dobbiamo esplorare Umbertide. A stima ci vorranno circa venti minuti, ne serviranno molti meno. Si passa il Tevere e ci lanciamo alla ricerca dell'ennesima farmacia (calmante per tossa alla fragola, 8 euro e 70) e di un po' di torta al testo con salsiccia e erbe che la consorte, scontenta del pur sostanzioso pranzo divora in un batter d'occhio rosso. Visitiamo nel frattempo il conad e un tabacchino, a giro ci sono solo residenti non umbri e quindi ci apprestiamo ad aspettare un amico del padre dello sposo per una cena speranzosamente migliore.
La mogliera intanto inizia a sentire la nostalgia e lo shock da rientro. A nulla vale neanche la vista della Rocca, evidente simbolo fallico. Ricorderemo senz'altro la vista di quattro balcanici che giocano a scacchi dal kebabbaro e l'atmosfera da suk di provincia: giri l'angolo e sembra d'essere a Beirut. Vai alla stazione e ti trovi una baby gang di punk abbestia.

Due parole su noi blogger d'oggi, ovviamente noi vestiamo trendy col cappuccio street fashion. Modus operandi: poiché il mio smartphone è molto poco smart, ma very old, non mi scarica l'app per postare, ergo devo digitare sul touchpad micron mio una mail che sendo alla wife, di solito dormiente a quell'ora. Poi lei al risveglio, mentre Enos is sleeping, aploda le photos nel post, taglia e incolla il text, formatta il tutto e invia alla Nasa che dà l'imprimatur. Susseguentemente provvede a connettersi con feisbuk e infine condivide et impera. Quando ovviamente c'è il segnale della rete, ché il mio prende, ma il suo manco l'acqua in Arno.

Malattia del giorno: depressione da previsione di rientro e da visita a Umbertide.

mercoledì 29 aprile 2015

Viaggio di nozze - giorno 8: da qualche parte dopo Monte Santa Maria Tiberina - da qualche parte prima di Umbertide

Mentre Carmela, la meravigliosa cuoca e fac totum napoletana dell'agriturismo dove abbiamo dormito ci prepara dei muffin da urlo e una colazione degna di Ciacco, noi ci alziamo con la calma dei forti e ce la prendiamo con calma. Pure troppa. Tanto che alle 10 siamo ancora a giro sulla jeep della proprietaria che, mentre ci racconta la sua filosofia di vita e il suo odio verso le crociere, ci accompagna provvidenzialmente a fare un bancomat in località Gioiello. Poi ci prepara anche i panierini con il pranzo ed è un vero dispiacere salutarla, ma il dovere chiama! Il piacere un po' meno, visto che nel frattempo ha iniziato a piovere fitto fitto.
La cosa più noiosa è proprio il partire con la pioggia, ma quattro gocce non ci fermeranno. Ci rallentano tanto però, perché su questi sentieri umbri l'argilla la fa da padrona e in salita facciamo un passo avanti e due indietro, in discesa dobbiamo tenerci aggrappati ai rami e Sab è bravissima a camminare comunque con le scarpe da ginnastica, anche se sembra un paperotto travestito da Maga Magò. Tocchiamo la folle velocità di 25 min al chilometro.  Praticamente la velocità della tartaruga marina su terraferma.  Lenti e inesorabili, mentre la pioggia aumenta consistentemente andiamo avanti sereni dentro, quando, all'improvviso, le mie gambette alla Bobby Orr si fanno di ricotta molle perché un ringhio che non attribuiamo a un cane risuona nei pendii, proprio mentre stavamo cercando di ricordare cosa viene dopo: 'Piove su le tamerici salmastre e arse'. Io sono straconvinto fosse un lupo, la consorte un cinghiale: a scanso di equivoci iniziamo a cantare a squarciagola I'm singing in the raiiiin, just siiiinging in the rain, dear wolf leave us alone, and we are happy againnnnn..
Dice che i lupi di giorno guardino l'uomo ma non lo attacchino e noi ardentemente lo speriamo. Per precauzione metto comunque il coltello a serramanico in tasca (per tagliare la corda al più presto possibile). D'altra parte siamo vicini a Città di Castello ululì e lupo ululà.
A Dio piacendo arriviamo in cima a una collina scoprendo l'esistenza di un santuario famoso (Canoscio) ma di una pacchianeria ottocentesca non indifferente, tanto da avere un comodo dispenser di acqua benedetta in tanica di plastica cinque litri accanto all'altare.
Scappiamo subito e scendiamo colline su colline mentre io mi devo fermare ogni 10 passi a fare pipì, penso che l'acqua piovana ormai mi entri in corpo per osmosi. Anche in pianura, speranzosi di aumentare l'andatura, ci ritroviamo a pattinare come Carolina Kostner (la moglie) e come Schwazer senza doping (lo scrivente). Però quando anche le pozzanghere ti fanno le faccine è tutto un altro andare..
Dopo 4 ore di navigazione arriviamo in una ridente località industriale per consumare il nostro pranzo al sacco bagnato in una comoda panchina di marmo. C'è però il paradossale problema che abbiamo poca acqua con noi e Sabrina non si smentisce chiedendo al boss della mala locale dai denti d'oro e dal fare loschissimo dove possiamo trovare un rubinetto per l'acqua potabile. Lui risponde chiedendoci se è per bere con un vocabolo solo ('ape?') e se ne va con le nostre bottigline ormai ridotte a dei cenci e se ne ritorna dopo 10 minuti con le suddette bottigline e  una comoda bottiglia di 1,5 litri che non sappiamo proprio dove infilare nello zaino. Per concludere il simpatico incontro ci chiede: 'come chiama tu?'. Assolte le formalità ce ne dipartiamo per gli ultimi cinque km mancanti che risultano belli e impossibili in pendenza non trascurabile. Inseguiti da un cane con un occhio di vetro guadagniamo la vista di borghi deliziosi e rileccati per poi scendere verso il nostro agriturismo serale che si chiama Alpaca. Io sento già effluvi alpachiani, ma poi scopro che i simpatici animaletti non odorano tanto, io invece sì, di pellegrino bagnato e sudato.
Scopriamo altresì che la signora che ci ospita si chiama Noemi come la mia nipotina e che è carnica di Cleulis. Dopo la doccia agognata Sabry fa la bella lavandaia (grazie grazie!) e stendiamo nel giardino di questo posto da favola. Indi andiamo a conoscere Gianni il proprietario e scopriamo che è stato uno dei primi a investire negli alpaca e ci porta a conoscerli tutti uno ad uno (Romeo, Fabio, Fiorella, etc etc) e a dare il biberon a Edith, una capretta orfana che ci ricorda tanto Shaun the Sheep (caprette e agnellini si assomigliano, anche se è vero che in giornata ho scambiato un gracidar di rane prima con un verso di uccelli e poi con un belar di pecore). Il tempo di dar da mangiare agli alpaca, mentre la dolce consorte ha pensato ottimamente (ma non aveva più scarpe di ricambio) di scendere con le infradito, di ammirare i loro maglioni bellissimi e naturali, e ancor più di visitare le loro case in affitto ristrutturate con tanto gusto, che si fa l'ora di cena. Sab e io siamo ospiti di Noemi, che ci racconta la sua vita (tutta) e poi è bello veder tramontare il sole tra le colline e gli ulivi e ci viene quasi voglia di cambiare stile di vita.. Se qualcuno volesse proporci qualcosa, non si periti...

Malattia del giorno: tosse pertosse, tosse al quadrato.

martedì 28 aprile 2015

Viaggio di nozze - giorno 7: Anghiari - da qualche parte dopo Monte Santa Maria Tiberina

Alle 7,30 ci portano la colazione in salotto. Mi alzo come fanno i lord scozzesi, indosso il mio tweed, le babbucce e la pipa e sgraniamo come dei corsari una colazione degna di Maria Antonietta, infatti niente pane, ma brioches.
Aspettiamo giusto che smetta un po' di piovere e partiamo alle 8,27 cantando la canzonetta propiziatoria di Mogol-Battisti (aaaanghiarii, aaaanghiarii, perché io da quella sera, etc...) sapendo che ci tocca la tappa più lunga: 28 chilometri ca.
I primi chilometri sono agevoli, tra stradine di campagna e poche salite e trascinato dalla signora Mantoani che tira il gruppo con passo cadenzato tocchiamo anche i 10 minuti al chilometro. Avvistiamo la prima lepre della giornata (saranno 4 all'imbrunire) che in salita sembra più veloce di un treno delle fs italiane, e più puntuale.
Ovviamente io leggo le mappe non capendo assolutamente dove siamo, ma ugualmente siamo sempre sulla retta via perché il percorso è segnalato benissimo, talora con 3-4 segni diversi, ognuno corrispondente a dei cammini differenti che sembrano rincorrersi l'un l'altro. A Petriolo scopriamo una via intitolata a K. Woytila e una a M. Luter King, evidentemente non hanno ottenuto i diritti d'autore per scrivere i nomi corretti di Martin Luther King e Karol Wojtyla! Però tre autoctoni si intrattengono con noi e ci chiedono notizie sul nostro peregrinare, peccato che tirasse un vento siberiano che levati! Svicoliamo appena possibile ma la consorte gioca il primo jolly del pit stop del giorno per cambiarsi i calzini già mèzzi. Da lì prima salita impegnativa, ma le gambe iniziano ad essere allenate, per costeggiare le mura di Citerna (che forse valeva la pena visitare, ma non importa tanto citorno, a Citerna) e ridiscendiamo ai piedi di Monterchi per risalire nella cittadina famosa per ospitare la madonna del parto di Piero della Francesca. Dobbiamo fermarci ad ammirarla. Storia davvero particolare quella di questo affresco, basti solo pensare che al momento si trova in una scuola elementare adibita a museo dagli anni Novanta in attesa che la Chiesa, il Comune e la Soprintendenza si mettano d'accordo su chi debba custodirla.  Nel frattempo si pagano 5,5 euri catacranio per vederla. E per essere lunedì mattina alle 11 non è male avere 4 visitatori. L'opera è bellissima e ovviamente contravveniamo alle regole e facciamo una foto (senza flash): per 5,5 euro, un'opera sola, direi che possiamo permetterci il lusso di trasgredire una regola. E infatti la ragazza del museo se ne accorge e ordina direttamente a Giove Pluvio di far scendere un discreto quantitativo d'acqua che ci accompagna per un paio di orette. 
Vorremmo ora discutere di due fenomeni inspiegabili. Il primo è che appena metto l'impermeabile, questi ha un effetto diuretico potentissimo e mi devo fermare a ogni paletto come un cane a passeggio, il secondo è la curiosa coincidenza che fa sì che sulle strade asfaltate dove non passa mai nessuno, le uniche due macchine che passano vadano in direzioni opposte e si incrociano esattamente dove siamo noi. A detta del sottoscritto è ivi applicata la legge di Murphy.
Comunque la pioggia e il vento non ci fermano ma ci fanno di certo mormorare parole indecorose per degli sposi novelli, tanto che quando smette di piovere debbo ricaricarmi di energia positiva annusando fiori rosa, fiori di pesco (vedasi foto testimonianza). 
Scopriamo infine come mai Monte Santa Maria si chiama così lasciando diversi litri di sudore sulla strada per raggiungerla e assaggiamo la prima ciaccia umbra, e difatti abbiamo da poco passato il confine tosco-umbro (un fiorino!). Scopriamo che Monte Santa Maria ha una storia particolare e interessante (per tanti secoli fu un feudo indipendente e un porto franco e battevano moneta) ma che di lunedì è quasi tutto chiuso e ripartiamo per l'ultimo pezzettino di strada accompagnati da un giovane cane da caccia dal collare arancione. Il qual cane vedevamo inquieto e infatti va a stanare un leprotto e ce lo dirige verso di noi. Io mi tuffo come il grande Dino Zoff ma non c'è nulla da fare: Lepre-Pellegrino 1-0.
Camminiamo con il passo veloce della tartaruga zoppa fino all'agriturismo da incanto dove arriviamo alle 17. La gentil proprietaria (napoletana e da oltre vent'anni vera e propria anima del luogo) ci accompagna alla stanza rossa (rosse anche le luci e le lenzuola e i termosifoni) ed è tutto così accogliente che alle 20 ci serve una cena luculliana che onoriamo non lasciando manco le briciole delle prelibatezze fatte intieramente con i loro prodotti. Tanto che mi è scoppiato il bottone del pantalone di riserva.

Malattia del giorno: piede nuziale bagnato, piede fortunato..

lunedì 27 aprile 2015

Viaggio di nozze - giorno 6: Caprese Michelangelo - Anghiari

Arrivare ad Anghiari oggi è stata una battaglia.
Sabrina è sveglia dalle 7 e ci vede come Capitan Uncino. Sospetta congiuntivite: ed è durissima avere accanto qualcuno che parla solo all'indicativo.. "io penso che sono stanca", "io credo noi essere da andare di là", etc... Comunque occhio non vede, piede non duole; e infatti le sue unghie non dolgono, forse perché, giustappunto, si è diretti ad unghiari (chiediamo scusa per la facile ironia).
Finalmente, per la prima volta, si parte all'ora prevista la sera, dopo aver colazionato abbondantemente con tanto di doppio caffè carpiato al salto. Anche oggi sulla carta sembrerebbe tappa semplice, ma dopo mezzora inizia a piovere e nel contempo inizia la salita. Ci trasformiamo in un batter d'occhio di Sabrina in pellegrini impermeabilizzati: io ricordo vagamente il fantasma dell'opera, coniugato felicemente con la strega Nocciola.
Per i non addetti ai lavori, gli impermeabili dei pellegrini hanno la simpatica caratteristica di essere antitraspiranti in maniera biunivoca, perciò se è vero che non ti bagni di pioggia, ti bagni di sudore poiché il tuo proprio sudore non trova vie d'uscita e crea all'interno un odoroso effetto condensa che uno può farci i disegnini come sui finestrini dei treni. Però Sabrina mi ha graziosamente omaggiato del suo bastone così che in salita sembravo Manuelo Di Cento!
Come ampiamente prevedibile, la pioggia cessa non appena finisce la salita, mentre ci addentriamo in un bellissimo marroneto (risultano famosi i marroni di Caprese Michelangelo) curato meglio del giardino di Boboli. Qui abbiamo notato come la gente che segna i cammini con le frecce sia incredibilmente alta (prego vedere foto).
Sulla mappa, più oltre, è segnalato un agriturismo/b&b dal nome evocativo de La locanda del viandante. Inizio già a sentire le papille gustative secernere acquolina al pensiero di una merenda a base di salumi e formaggi. Ahinoi il proprietario, seduto comodamente dietro una scrivania, ci informa che siamo capitati troppo presto (erano le 11) e che non c'era personale manco per farci un piatto di quei salumi che facevano bella mostra di loro nel bancone frigo alla sua sinistra. Dopo esserci chiesti perché non poteva alzare il deretano e affettarci un piattino degustativo (evidentemente i nostri euri non gli garbavano punto) e dopo aver fatto merenda con una mela e una arancia e dei biscotti mulino bianco con Banderas che faceva capolino dalla lista degli ingredienti, ripartiamo ci dirigiamo verso la meta seguendo la via maremmana (?) e scalando i monti Rognosi - nomen omen: una brutta gatta da pelare.Gli ultimi chilometri sono su una strada provinciale poco trafficata, ma chi passava in auto andava come alle mille miglia.. C'erano però dei simpatici cavalli che volevano venire con noi e una squadra di cacciatori alla volpe che si apprestavano al loro hobby.
Ad Anghiari siamo arrivati presto e la prima cosa da cercare era fondamentale: cibo! Addocchiamo una piadineria-friggitoria.. Ci buttiamo dentro ma veniamo informati che dobbiamo attendere: c'erano altre 3 o 4 piadine da fare e ci hanno messo circa venti minuti, d'altre parte erano solo in tre.. Ma noi eravamo arrivati presto e alla fine erano buone e allora a pancia piena (più o meno) tutto ridiventa relativo.
Scendiamo nella piazza centrale del caratteristico paesello toscano (dove è stato anche girato La ragazza di Bube con Claudia Cardinale e addirittura un film di Pieraccioni) per scoprire che qui, sopra la scritta O Roma o morte, c'è una statua dell'eroe dei due mondi, Beppe Garibaldi, che infatti, unica in Italia, indica Milano invece della capitale. Secondo i sottoscritti hanno semplicemente sbagliato ad orientarla.. O forse no.. Ai posters l'ardua sentenza.
Qui ci viene incontro una delle due sorelle del b&b figherrimo dove alloggeremo. Gentilissime ci fanno a vedere quello che in realtà è un mini appartamento grande come casa nostra con stupenda veduta sulla piana di Anghiari verso San Sepolcro. La tentazione di rinchiuderci dentro è forte, ma io sono letteralmente senza mutande e calzini (sabry mi presta un paio di calze, ma rifiuto i suoi slip) perciò urge trovare la lavanderia a gettoni che, chiaramente, sta nel punto più alto del paese, e che è popolata da strani esseri metà donne e metà massaie.
Mentre la lavatrice va noi si scende a provare il gelato artigianale (bleah) e soprattutto ad aspettare l'apertura della farmacia di turno per l'occhio per occhio della neoconiugata. Il farmacista, appena entra, le fa: si spogli. Poi le misura la pressione e altre cose che non so, infine le dà un collirio. Tuttora sono perplesso. Visitata la quinta farmacia in sei giorni risaliamo per mettere i panni non in Arno ma in asciugatrice. Scopriamo però che abbiamo sbagliato a programmarla per cui ci tocca stare provvidenzialmente (fuori piove) in compagnia delle dame di compagnia anghiaresi per un'altra mezzora. Finito perlomeno con successo l'asciugamento ritorniamo in paese per, finalmente, farci almeno una passeggiata nel particolarissimo borgo. C'è in corso una fiera di artigiani locali e io devo supplicare in ginocchio la dolce metà al fine di evitare che compri una lampada in ferro battuto alta quanto lei, che altrimenti avrei dovuto trascinare legata sul portapacchi dello zaino. Lei ha pietà di me e cede alle mie esigenze, cioè compriamo due panini alla finocchiona e alla porchetta e del pecorino locale da gustare, unitamente alla boccia di vino schietto, in solitaria cena romantica nel salotto del nostro alloggio. Di certo non abbiamo acceso la tivù: cenare guardando dalla finestra uno sfondo di Piero della Francesca non ha paragoni.

Malattia del giorno: a me fa male un dente, da cui il detto: occhio per occhio, dente per dente...

domenica 26 aprile 2015

Viaggio di nozze - giorno 5: Santuario de La Verna - Caprese Michelangelo

25 aprile, san Marco e festa della liberazione. Iniziamo di fretta, ma prima bisogna rimettere in moto Sabrina che, testualmente e quotidianamente, ci informa che 'mi sento come se mi fosse passato sopra uno schiacciasassi'. Allora il trucco è metterle subito in spalla lo zaino, la sua coperta di Linus, e rabbonirla allettandola con la promessa del caffè.
Prima però lodi e messa (con suore che hanno visto la guerra di indipenza) al santuario e benedizione del pellegrino assonnato.
Ingolliamo velocemente la colazione assieme a dei neogenitori che discutono amabilmente dei rigurgiti del frugoletto e prepariamo gli zaini. Ricarichiamo le bottiglie ai piedi della croce e la verna inizia già ad essere invasa da orde di comitive. Facciamo in tempo ad ascoltare la domanda di una signora che chiede se il fontanello (comunissimo) eroga acqua benedetta e scappiamo a gambe levate tirando pacco a suor Croce detta Priscilla che ci aspettava al museo alle 10.
In un quarto d'ora scendiamo a Chiusi che, per far fede al nome, ha tutti i negozi chiusi, perciò si tira innanzi visto che nella mappa sembra tappa corta e tutta in discesa. Scesi dalla Verna passiamo dietro una casa in cui si sta consumando una lite evidentemente tra indemoniati, vista la quantità di bestemmie che, con la messa del mattino, ci riporta in parità (poggio e buca fa pari). E scopriamo subito il motivo: a pochi metri c'è la fontana del Campari: stavano litigando su chi andare a riempire il bacile mattutino.
Se ieri alla salita alla verna il leit motiv era Fratello Sole e Sorella Luna (vorrei ricordarne il compositore: Claudio Baglioni) cantato a squarciagola da sorella Sabrina, oggi il mantra è 'ma non doveva essere tutta discesa?'. Difatti si rivela essere un saliscendi micidiale per le gambe e soprattutto per le unghie degli alluci della moglie, che le tiene legate con il nastro adesivo degli elettricisti per non perderle.
E le discese son peggio delle salite perché ripide e con ciottoli che farebbero la felicità dei black block.
Per la prima volta incontriamo dei pellegrini, coniugi tedeschi in tenuta da alpinismo sull'Himalaya con beagle al guinzaglio che faceva scatenare tutti i cani dei paraggi.
Accompagnati dai latrati dei migliori amici dell'uomo, ma non del pellegrino, ci inerpichiamo tra boschi e sentieri con vedute di vallate che si trasformano sotto i nostri occhi ogni due per tre sei.
Entriamo in val tiberina, scopriamo abbazie abbandonate di bellezza antica, facciamo un pseudopranzo a base di arancia, mela e biscotti (tutto rigorosamente sgraffignato ai fratelli frati) e infine saliamo a Caprese Michelangelo. Che si chiama così non per aver dato i natali alla famosa pietanza, ma per averli dati a Michelagnolo dei Bonarroti. A Caprese ci è subito chiaro che ci arrivavano solo le caprette, che non facevano di certo "ciao!".
Arriviamo verso le 14,30 ma ci hanno sbagliato la prenotazione, ergo, mentre aspettiamo un trasporto su pandino verso un albergo lì vicino (ma al telefono ci avevano illuso con un residence (!)) ci facciamo viziare dal simpatico albergatore e ristoratore che ci serve dei tagliolini ai funghi e degli agnolotti al tartufo da urlo in quantità obelixiana. Vino, dolce e caffè di prammatica e poi ci accompagnano alla nuova sistemazione: il più agghiacciante albergo di caracas. Doccia e letto con dormita stile masso delle dolomiti sono un tutt'uno, anche perché puntiamo a lavare i nostri indumenti ormai posseduti dai demoni domani ad Anghiari, dove si favoleggia esserci una lavanderia automatica a gettoni. Una sciccheria per noi che ormai si viaggia da 5 dì.
Verso le 18 ritorniamo in paese per fare due fotarelle e per poi cenare, dal momento che ci hanno promesso la cena aggratis per ripagarci del disservizio: poverini, gli abbiamo fatto un danno ingentissimo.. Antipasto, primo, tagliata e dolce; il tutto innaffiato da abbondante vino.
Sembrava di essere all'O.K. Corral.. e i pellegrini non perdonano.
Peccato che il castello fosse già chiuso, ma abbiamo visto (da fuori, perché le chiese sono rigorosamente tutte chiuse) dove il grande Mich fu battezzato. Lui che nacque un giorno prima di Sabrina (due coetanei, insomma..). S'è però fatto a tempo a fare un po' di spesa per domani nell'alimentari più caro del centro Italia. Sulla strada del ritorno abbiamo la visione mistica di una pellegrina vestita di celeste che alle dieci di sera  si aggirava per i sentieri con due bacchette da nordic walking ansimando e sorridendo.
Infine cerchiamo di raggiungere di nuovo il nostro giaciglio, dal quale vi scrivo mezzo asfissiato dagli afrori che si sprigionano dalla borsa dei vestiti sporchi.

Malattia del giorno: Sabrina vede offuscato dall'occhio sinistro che è tutto arrossato, eppure le ho detto mille volte di posare la forchetta prima di grattarsi il nasino..