domenica 3 maggio 2015

Viaggio di nozze: The Return - giorno 12: Assisi - Firenze

Dopo l’incontro con il profeta d’Assisi vestito di pelli d’Alpaca di cui riproponiamo documentazione fotografica,  


andiamo a cercare riposo dall’affittacamere già prenotato (molto in centro).
Il giorno precedente ci aveva telefonato verso le 15 preoccupato per non vederci arrivare. Ho durato fatica a fargli capire che eravamo su una statale, camminando a piedi, e che ci sarebbe voluto un po’ prima di vederci comparire zozzi e stanchi. Il suo commento è stato: “Ma siete a piedi per vostra scelta?”.
Da lì abbiamo capito che era abituato ad altre tipologie di pellegrini. Infatti giunti ad Assisi ci siamo ritrovati a nuvole di profumo Chanel n. 5 (mentre noi al massimo odoriamo di 5 Cannellini), a bus che vomitavano comitive come novelli cavalli di troia, a frati che praticamente facevano i vigili urbani, a bambini urlanti con gelati più grandi di loro, e ovviamente a negozi tutti uguali. Finito il predicozzo sui bei tempi andati, ritorniamo al racconto di venerdì sera, 1 maggio (Festa del Lavoro che c’è ma non si vede).
Come accennavo abbiamo cercato di riposare presso l’affittacamere dall’evocativo nome di “I Colori d’Assisi”. Avrebbe in realtà dovuto chiamarsi “i Rumori di Assisi” poiché le pareti di carta velina ci permettevano di sentire i disturbi gastrointestinali del vicino di stanza, la profondità del russare dell’altro vicino di stanza e, ovviamente, l’immancabile televisione del terzo vicino di stanza (che per fortuna guardava Rai Uno). Ad ogni modo, siamo egualmente crollati dalla stanchezza e abbiamo dormito il sonno dei pellegrini arrivati.
Semi-arrivati, in quanto il giorno dopo, sabato 2 maggio, avevamo due missioni da compiere: andare a Santa Maria degli Angeli a portare un fiore alla Madonna per mantenere una promessa fatta a una persona che ivi si sposò, e rientrare (la prova più difficile). Iniziamo facendo colazione nel bar convenzionato che dà direttamente sulla fermata dei bus e che in realtà è un cyber caffè dalla musica tecno-house adattissima al nostro umore, che invece si nutre della famosa canzone di Toquinho u fundo: Saudade-Tristeça i Depressao e che fa:
Tristeça / Tanta Tristeça / Cuando tornao a casa dal pelegrinao /
Tristeça / Depressao profondao / meravigliao cuando andao

Sulla via andiamo a salutare il cavaliere, triste anche lui per la nostra partenza, e incrociamo suore asiatiche che fanno shopping di ricordini, souvenir e chincaglierie cattoliche (ah, il protestantesimo!). Evitiamo coraggiosamente anche il richiamo della porchetta.





Poi giù di corsa evitando il più possibile il traffico, e difatti ci perdiamo (ricordiamo che da Assisi alla Porziuncola – che sta dentro S. Maria degli Angeli - è tutto diritto). Ci salva una signora che camminava per sport, la quale ci riporta sulla retta via (nel senso che è tutta diritta) e che ci dice che siamo matti a camminare così tanto, che lei non ce la farebbe perché ha i figli piccoli (sedici anni, povere creature), etc…
Esauriti i convenevoli di prammatica affrettiamo il passo perché alle undici e diciannove vogliamo prendere il treno e fuggire dalla ressa. Ressa che a ogni fermata dei bus prende d’assalto i mezzi già stracolmi. Non mancano i giapponesi che fanno foto ai bus con aria spaesatissima e che non capiscono come funzionano i sistemi di trasporto, ad esempio: perché fare una stazione ferroviaria chiamata Assisi a cinque chilometri da Assisi in un posto che non si chiama Assisi ma Santa Maria degli Angeli, per poi dover prendere un bus, visto che Assisi non è New York da essere considerata città metropolitana? Arduo da spiegarglielo. Se qualcuno vuole ho preso dei contatti telefonici…
Sulla via la moglie insiste per immortalarmi accanto a dei manifesti

e per fortuna che non perdiamo la via, anche se insegne che potrebbero ricordare quelle di Maria tentano di traviarci:


Raggiungiamo infine la Porziuncola, per chi non lo sapesse una piccola chiesina di campagna (dove Francesco si ritirava, dove accolse Chiara e dove infine scelse di morire) che ora è inglobata in una immensa chiesa cinquecentesca. Facciamo una lunghissima fila travestiti da pellegrini con zaini e ci ammassiamo nella chiesettina dove c’è un frate che fa pregare e dà una spiegazione religiosa-culturale del luogo. La dolce consorte ha ancora in mano il piccolo bouquet di fiori di campo

che di nascosto posa accanto alla Madonna e quindi scappiamo a piè levati (si fa per dire). Caffè gentile e poi le nostre strade si dividono, lei a procacciare del cibo, io a procacciare i biglietti del treno.
Per raggiungere la stazione c’è da passare al lato della chiesa, dove i Medici (sempre loro!) hanno fatto costruire una vasca con tante fontanelle e tante palle (il loro stemma, non a caso suppongo…) e già scendono larghi lacrimoni.
Poi ci rivediamo a lato dei binari per il trenino che in due ore e mezza rifà simbolicamente gli stessi chilometri che noi abbiamo percorso in undici brevi e fugaci giorni, valicando montagne e regioni ospitali.
Scendiamo a Campo di Marte e l’umore cambia come il giorno e la notte, come il lavoro e le ferie.
Siamo in pieno shock da rientro, le gambe vorrebbero camminare e invece siamo fermi ai semafori, stiamo attenti alle cacche di cane sui marciapiedi, sentiamo l’usato sottofondo del traffico e del berciare cittadino. Arriviamo comunque a casa a piedi e il selfie davvero è triste triste triste, ma ancor più triste è il selfie della coop. 




Un sospiro e riprendiamo, grati (ma non gratis) il tran tran quotidiano.


Malattia del giorno: jet lag.

Canzone del giorno: Requiem 



sabato 2 maggio 2015

Viaggio di nozze - giorno 11: da qualche parte prima di Perugia - Assisi

Notte assetata causa salumi umbri. Ciononostante dormiamo come dei pascià e al risveglio la colazione è comunque terreno di razzìa.
Primo maggio, ci auguriamo un buon mese in greco (kalomìna) e con dispiacere salutiamo Cesare e Iosetta, nostri ospitanti dal gran cuore e dall'ottima padella. Ci aspetta tappa piana (a parte la salitella di Assisi), ma non priva di insidie. Con l'andare dei chilometri si avvicina la meta e la frenesia di arrivare, iniziando comunque costeggiando il Tevere per un buon tratto. Il parco che accompagna il fiume nel suo corso è ottimo per i corridori e i passeggiatori della domenica (e del venerdì festivo) e difatti incrociamo tantissima gente, per lo più improbabile. Notiamo che soprattutto gli accompagnatori di cani sono un affascinante oggetto di studio: cani ciccioni con padroni rassomiglianti, cani minuscoli al guinzaglio di boxeur, canini eternamente abbaianti accompagnati a taciturni e ombrosi umani, cucciolotti nelle mani di anziani signori: ma quelli che fanno pensare di più sono gli ultrasettantenni trascinati da improbabili barboncini con fiocchetti rosa.
Questo tratto non è segnato benissimo, anzi, è troppo segnato tra vie di francesco, percorso francescano, vie romee, cammino della pace, il nostro mitico pellegrinetto medievale, frecce di tutti i colori e dunque perdiamo un po' di tempo perplessi su dove andare.. Ma tutto prosegue al meglio tanto che un ciclista ci saluta con il grido di battaglia degli antichi osco-umbri: "scamosc'!" (qualunque cosa voglia dire.. Noi propendiamo per un antico augurio di ottenere al più presto dei giubbottini scamosciati antipioggia).
E difatti non piove, perciò raggiungiamo bel belli un'antica stazione sulla via Lippia (boh!) ora tramutato in un truzzissimo bar di paese regno della gioventù più sfaccendata dell'Umbria e dei vecchietti malati di gratta e vinci. Però la brioche con il prosciutto era buonissima ed è stato provvidenziale per altri motivi muliebri (ennesima lezione del fatto di non dover mai nè giudicare nè dare per scontato alcunché).  Siccome siamo dovuti entrare in Collestrada, deviando un po' dal percorso segnalato, il sottoscritto propone, mappa alla mano, la più classica delle scorciatoie. In pochi minuti ci ritroviamo infatti in un bucolico svincolo autostradale, con l'impossibilità di riportarci sulla retta via. Possiamo solo tirare innanzi speranzosi. Cercando di non fare la fine dei ricci ci riimettiamo nella statale giusta e con qualche chilometro in più del necessario (alla fine saranno più di 25) raggiungiamo prima Bastiola, poi Bastia Umbra e poi l'ennesimo parco lungo un fiumiciattolo che dovrebbe portarci alla tomba del Santo. Prima però ci facciamo misurare la velocità dal tachimetro dei vigili, evitando di poco la multa per eccesso di velocità al ribasso.
Passiamo un parchetto stracolmo di balcanici ubriachi e peruviani vocianti e costeggiamo in mezzo al verde il torrentello, passando accanto a un canile (che pena quel latrare!) e infine si apre la vista sulla piana di Assisi e sul complesso della bellissima cittadina. Facciamo tante foto, quasi tutti selfie anche perché quando la mogliera vogliosa di una foto assieme cerca di fermare una ragazza che fa pseudo-jogging per farci fare una foto ricordo, quella risponde con un sorriso e tira diritto come se le avessimo chiesto se poteva aiutarci a trafugare le reliquie di Santa Chiara. Vi risparmiamo le 157 foto selfies con la basilica sempre più grande. Ma, in effetti, più ci appropinquavamo e meno sentivo la fatica. Cresceva però il fastidio di ritrovarsi in mezzo alla bolgia assisate in un giorno festivo dopo dieci giorni di solitaria in mezzo a boschi e colline. Per fortuna ci sono i cartelli stradali che offrono sempre eterna fonte di divertimento, ne notiamo uno che propone addirittura una pista ciclabile, ma con cicli condotti a mano!
La salita sulla mattonata di Assisi è rapida, poi in città c'è da evitare i bus contromano, i residenti in macchina incazzati dalla troppa gente e infervorati dalla preparazione del Calendimaggio (la sagra locale) e i pestaggi degli scout che ad Assisi la fanno da padroni. Il sessantenne scout dalla corporatura robusta, calzoni corti e calzini tirati su fino al ginocchio strappa sempre e comunque un sorriso, anche dopo 224 chilometri fatti a piedi.
Andiamo subito al neo ufficio dei pellegrini (i frati hanno fiutato il vento) dove ci accoglie il simpatico frate argentino Jorge che ha come sogno di andare da Assisi a Gerusalemme camminando: ci chiede una preghiera e non possiamo rifiutargliela..Di converso ci dà il testimonium e ci informa che alle 18 c'è la messa pei pellegrini. Il tempo di una doccia veloce e siamo a salutare Francesco, a ricevere messa e benedizione davanti all'altare della basilica inferiore, a un passo dalla tomba raggiunta e diciamo che è una cosa che non capita tutti i giorni..
Evitata la ressa andiamo in via San Giacomo a finalmente mangiare.. Nonostante siamo i primi ad entrare usciamo per ultimi (servizio lento) e non restiamo particolarmente impressionati dalla cucina, in compenso ci scoliamo la bottiglia e discorriamo di cose private e che quindi non saprete mai..
Due ore dopo si va a fare un giretto, tira vento, ci perdiamo più volte, ma in compenso veniamo fermati da un personaggio che va a giro a piedi scalzi con bastone e vestito di pelli di lemure che ci dice che lui è un profeta (ma non dell'isis e manco un falso profeta) e infine ci mettedi fronte a ben due opzioni: o comprare il suo libro o fargli un'offerta. A bocca aperta da almeno dieci minuti propendiamo per l'offerta minima e infatti dopo poco la moglie riesce a fotografare la mia aureola, ma non potrete mai annusare (buon per voi!) il mio odore di santità..

Malattia del giorno: spaesamento da raggiungimento meta..

Canzone del giorno: Saran belli gli occhi rossi / saran belli gli occhi blu / ma le gambe / ma le gambe / a me dolgono di più..

venerdì 1 maggio 2015

Viaggio di nozze - giorno 10: da qualche parte prima di Umbertide - da qualche parte prima di Perugia

Ritemprati da un'ottima mangiata al tartufo e appesantiti dal regalo dell'amico prete del babbo (edizione della Bibbia di Gerusalemme in copertina spessorata bianca grandi occasioni - 2 chili tutti, sul groppone) andiamo a nanna.  Almeno fino a mezzanotte, quando le mogli si trasformano o in belle addormentate o in antiche locomotive a vapore che tossiscono per delle mezzore. In queste notti dormiamo comunque molto bene, stanchi e soddisfatti e in camere che hanno suoni di sottofondo degni di sovrani medievali. Infatti al risveglio le colazioni sono preda di orde barbariche, Sabrina and I. In particolare oggi le torte fatte in casa, il miele autoprodotto, le marmellate (arancia e vaniglia e arancia e mandarino) e il consueto doppio caffè carpiato all'ingiù. L'autore di cotanto ben d'Iddio si lancia però nel darci tripliche indicazioni sulla strada da percorrere confrontando quattro mappe - 4! - di cui una d'epoca napoleonica. A nulla vale tentare di spiegargli che il percorso è perfettamente segnalato e che abbiamo abbastanza mappe e idee di per loro già confuse sufficientemente. Mentre nella mia testa faccio andare musica da ascensore attendiamo la partenza, verso le 9 e qualche minuto. Ci aspettiamo una tappa lunga ca. 24 km e piana, ma non così piana.
Vuole la leggenda che la prima versione di Califano di Tutto il resto è Noia facesse: 'Tutto il resto è pianuraaaa, no, non ho detto Umbertideeee'. E perciò ci concentriamo sulla performance: come Rino Tommasi tengo i tempi e i minuti/km e trascinato dalla mitica Sab tocchiamo andature da settimo cavalleggeri. Prima fermata all'abbazia di Monte Corona, dove si entra in quello che io vedrei bene come raffinata cantina: volti a botte in pietra anticheggianti, temperatura e umidità perfette, sedili in legno perfettamente conservati, tavola centrale imbandita.. Mentre mi appresto ad affettare i salumi, la consorte mi trascina via e mi costringe a fare, per penitenza, gli addominali fotografici e la corsa a chi va più piano con le lumache (tre foto testimoniano il tutto).
Scudisciandomi per espiare i miei innumerevoli peccati (tra cui: mancanza di fede nelle cartine, blasfemia e tentata riproduzione del miracolo acqua vs. vino) costeggiamo il padre Tevere per un tempo che sembra (e lo è) infinito.
Manco una salitella: se le salite rompono il fiato, le pianure rompono li c...
Maciniamo chilometri e felicemente e con sommo diletto arriviamo verso le 15 alla meta odierna. Due brividi soli mi pervadono: quando un cartello stradale indica mia moglie (o come faranno a sapere come si chiama?) e quando un altro segnale ci informa che qua i bus vanno contro mano.. La diletta coniuge decide dunque di movimentare, come peraltro d'abitudine sua, l'ordinarietà odierna causandomi continui, ma per fortuna lievi, infarti.  Tipo camminando in mezzo alla strada (penso che la frase più usata in questi giorni sia: 'stai sotto', traduzione letterale dal friulano per significare il desiderio che la persona a cui ci si rivolge cammini ai bordi della strada). Altre volte si è attardata sotto ad alberi evidentemente spezzati e pericolanti. Oppure utilizzando il bastone da passeggio a mo' di majorette del baseball americano importato a Cuba a un nanomillimetro dal mio occhio dx.  Oppure, nel silenzio di un bosco a mille metri, improvvisamente e angosciosamente espirando come avesse visto un nido di vipere (in realtà prendendo dell'ossigeno in più).
Ci sentiamo, ahiloro, subito a casa dei signori del b&b che ci ospita. Conosciamo tre generazioni della famiglia, ci fanno assaggiare di tutto di più e ci fanno addirittura da accompagnatori con la macchina. Succede infatti che ancora una volta dimentichiamo di prelevare dal bancomat quando possibile e quindi ci ritroviamo con pochi copechi in tasca. Il tempo di una doccia e il sottoscritto s'è già infilato a letto, mentre la santa consorte lava un due magliette.
Tutto il resto è sonno e riposo, tranne un'approfondita lettura della voce di wikipedia sulla sindone di Torino. Scopriamo infatti che è possesso personale del papa. Qualora dovessi mai diventarlo mi presenterei a Torino munito di forbici papali per farne quadratini di un cm 2 e rivenderla su ebay.

Malattia del giorno: piedi piatti causa asfalto pianeggiante..

Canzone del giorno: panniii stesiii, non hooo più mutandeee..