E se il numero uno non fosse l’unico? Dopo questi US Open potremmo considerare Murray, Federer,e Djokovic, con Nadal forse un po' più distaccato, primi ex aequo per il 2012?
..stanno bene insieme.. |
Ci tiene Roger ad essere numero 1. E ci tengono anche Nole e Rafa, e
anche Murray. Eccome se ci tengono.
Ma è poi così importante nel tennis? Sicuramente lo è al giorno d'oggi, e anche
al giorno di ieri, ma forse non al giorno dell'altro ieri.
O forse no? Forse è un bisogno insito nell'animo umano (io sono il migliore),
insito in ogni sport (altrimenti non ci sarebbero classifiche o campionati).
Ma cosa succedeva
prima del 1973?
Semplice, succedeva quello che succede con i commenti nei blog: ognuno diceva
la sua. Erano
soprattutto i giornalisti e in seconda battuta gli addetti ai lavori (manager e
direttori dei tornei, giocatori, etc..) a stilare la classifica dei giocatori,
ma solo alla fine dell'anno. Poco democratico, sicuramente più divertente. E
sicuramente c'era un'opzione che difficilmente si verifica ora: la coabitazione
al n. 1.
Andiamo però con ordine e diamo qualche esempio di quello che succedeva.
La questione
passa ora su un altro campo: chi decideva chi è il number one? O
meglio, chi decide anche oggi chi è il numero uno? Basta davvero la classifica
ATP o WTA? Si veda il caso Wozniacki di qualche anno fa.
Già, perché un conto è affidare il computo a un computer con il suo sistema di
punti, ingiusto o giusto che sia, un altro è affidarlo a giornalisti o comunque
a giudizi opinabili. Vi immaginate le accuse di partigianeria, di simpatie
troppo accese, di sciovinismo e via così andando?
Già,
perché la
categoria mentale del numero 1 è propria dei nostri tempi. Come
anche il GOAT. È un bisogno così pressante della cultura post-1968, inteso come
post apertura all'era open. Siamo noi ad aver bisogno di sapere precisamente
chi è il numero uno, chi è il migliore, chi è il più forte, a non ammettere la
difficoltà di giudizio. O bianco o nero, o primo o niente.
Ne
hanno certo bisogno anche i giocatori (per contrattare contratti), i tornei
(per accaparrarsi sponsor), il business chiamato tennis (per vendere), i
giornalisti e i tifosi (per parlare di qualcosa il lunedì mattino).
La questione è che prima del 1968 il tennis non era visto come uno
sport. Era un divertissement delle classi più alte, sembrava: di fatto non lo era. Tutti volevano primeggiare, chi
per un motivo chi per un altro. Ottusamente però si evitava di considerare
l'elefante nella stanza.
Come
sappiamo, le
classifiche dei tennisti matematicamente compilate sono nate nel 1973.
Era ed è un bisogno ormai di tutti. Ma un bisogno di comodo: come dice Rino
Tommasi, il computer sa far di conto, ma non capisce di tennis.
Le
variabili erano innumerevoli, a partire dal fatto della divisione in due
circuiti, uno amatoriale e l'altro professionista. E poi dalle federazioni
venivano stilate le classifiche per Paese, non quelle internazionali che invece
erano, in maniera ufficiosa, compilate dai più famosi giornalisti di tennis.
Prendiamo in considerazione, per comodità, il periodo che va dagli anni
’30 al 1968, il grande spartiacque della storia del
tennis. Questo per alcuni motivi: prima degli anni ’30 abbiamo informazioni più
frammentarie, il gioco era un po’ meno conosciuto, e ora non ne conosciamo
benissimo neppure i protagonisti. Dal 1930, ma soprattutto dopo la Seconda
guerra mondiale, migliorano i collegamenti tra i continenti e c’è più spazio
nella società per lo sport.
Dunque,
come si è già ripetuto, c’erano due circuiti, quello amatoriale e quello pro
che dopo la seconda guerra mondiale in America era diventato solido e potente.
E anche in Europa andava piuttosto bene. La questione era: è più forte un giocatore
amatore o un pro? È più competitivo il circuito amatoriale o quello pro? È più
forte il n. 1 pro o quello amatore?
Istintivamente
verrebbe da dire quello professionista, ma come la mettiamo con quei
grandissimi giocatori che nello stesso anno vincevano i tornei amatoriali, come
Wimbledon e poi passavano ai circuiti pro? Come è possibile compararli?
Pensiamo a Kramer che vinceva a fine anni ’40 prima i tornei amatoriali e poi
quelli pro. Così è
difficile sapere se negli anni prima del passaggio di Kramer tra i
professionisti, il n. 1 di quest’ultima categoria fosse il n. 1 in assoluto (così
era considerato Bobby Riggs). Di certo, è quasi unanimemente riconosciuto che
dal 1948 in poi chi era il primo tra i professionisti era anche il primo nel
mondo.
Ad
ogni modo i
giornalisti più accreditati erano quelli inglesi e quelli americani ed è
interessante notare gli anni in cui dei giocatori venivano messi al n. 1 a pari
merito. Ovviamente sono una specie di medie dei voti che si fa
a posteriori, visto che ognuno indicava il suo preferito. Per esempio dal 1935
al 1936 Fred Perry e Ellsworth Vines si possono considerare i numeri uno
appaiati. Nel 1937 addirittura ne aggiunsero un terzo: Don Budge. Come anche
nel 1970, e si era già in era open: i tre erano Laver, Rosewall e Newcombe.
Ve l’immaginate ora Federer, Djokovic, Murray e Nadal (che ho elencato in stretto ordine di classifica attuale) messi lassù a pari merito? È un’idea poi così astrusa? In fondo nel 2012 ognuno ha vinto uno Slam e i Master 1000 se li sono quasi equamente divisi…
Pubblicato
su Ubitennis il 19 settembre 2012