sabato 26 dicembre 2015

Lisboa dìa 4 - 26/12/2015: Ultima extaciò, Experança...

Dovrebbe essere un giorno dedicato a un rientro soft: programmiamo una visita a un museo vicino all'albergo, ma la nostra ineffabile guida ci dà indicazioni errate ed è chiuso.

Allora corriamo come dei matti a Belém a vedere il monastero - manuelino estupendo - dei Geronimi (non gli Indiani d'America, quegl'altri, quelli che li convertivano a forza di alcool...)!

Tensione prepartenza e ne scopriamo pure il motivo: volo ritardato di 7 ore che passiamo nella sala check-in a guardare una mucca su un tetto di un negozio di chincaglieria... Per fortuna la Ryanair ci dà un buono di 10 euro convertito in birra portoghese immantinentemente.

..muuuuu..

Poi, già che ci siamo, invece di volare a Pisa ci fanno scendere alle 2 di notte a Bergamo, ci caricano su un pullmann e con sole 12 ore di ritardo arriviamo freschi come delle rose a casina: 

Lisboa, il Fado l'ha inventato chi t'ha conosciuta!

venerdì 25 dicembre 2015

Lisboa dia 3 - 21/12/2015: A Dança da Poupança..

Missione di oggi: comprare regalini nel paese della dança da poupança (la danza del risparmio)..
..W a Dança..
..la pantera nera..
Dopo la colazione respingente degli hotel moderni ci imbuchiamo fin da subito nella metro alla volta dello Estadio da Luz, lo stadio della luce, dove Eusebio ci consiglia di comprare la sua maglietta del Benfica per amici e parenti: altrimenti pallonate in faccia..
Consiglio ben accetto. Ma ci consiglia male su dove comprare l'acqua. Un centro commerciale dove vigono regole incredibili sulle code. Una fila unica, disperante, di portoghesi non certo amanti della fretta e casse a chiamata.. Affascinante, non avessimo poco tempo. Per fortuna ci sono le macchine automatiche per chi ha pochi oggetti: aiutati da non meno di 5 portoghesi riusciamo anche a pagare e ci involiamo verso la prossima meta, l'Alfama e la Cattedrale. Lasciato il sole della zona alta ci ritroviamo nelle nebbie oceaniche del Tago, da dove ci inerpichiamo verso le alture tra i vicoli arabi. Suggestivo, da mancare il fiato, viste le pendenze e i prezzi dell'oggettistica fatta a mano.


..glen glen dlen dlen..
La cattedrale è gotica, ma anche un po' romanica e costeggiata dai tram elettrici guidati da babbi natali in maniche corte. Non ci resta che salire ancora al castello munito da difese possenti: 8 euro e 50 per delle rovine? Battiamo in ritirata verso il meritato pranzo.
Avendo individuato il posto ("caratteristico", "per locali") ci introduciamo timorosi e l'omino tuttofare ci consiglia per del porco asado e delle polpette di bacalhau: il tutto con riso e patate fritte.
Ormai siamo pazienti e c'è tutto il tempo per osservare i lisboneti. Molto gentili, tanto che un vecchietto mi mostra, puntando il dito, dov'è il lavandino in bagno per lavarsi le mani e dove ci si asciuga. Non ce l'avrei mai fatta da solo..
Dopo il leggerissimo pranzo nel frantoio-friggitoria risaliamo con il tram elettrico fino ad altre chiese rigorosamente chiuse (in quanto è lunedì, e le chiese lavorano di domenica). Ci chiudiamo anche noi in noi stessi e in camera: il sonno ha la meglio..
..Warhol in salsa portoguese (al bachalau)..
Ne usciamo solo richiamati dalla potente voce del Fado. Vladimiro ci aveva prenotati un posticino in una incantevole strada per turisti bacalhau dove tutti ci invitano a mangiare da loro (dopo cena tutti ci offrono hashish e marijuana, e io sospetto di non essere vestito esattamente come un lord inglese dell'Ottocento).
Purtroppo la prenotazione è andata persa, ma troviamo ugualmente posto accanto a due polacche ubriache come cosacchi che ridono per oltre 45 minuti. Poi inizia il Fado, a tristeça, o scoramentu, a saudade.
Alla prima pausa utile ci volatilizziamo come beep-beep e scendiamo alla ricerca dell'ultima cosa che ci manca prima di lasciare Lisboa: la gingjinha.
Caratteristico liquore alla ciliegia venduto in locali specializzati frequentati da gente di dubbia vita.. Evidentemente come il sottoscritto..


Caro Pessoa, la verità è questa:
sai qual è la risposta al perché dell'universo
e al significato della vita e di tutto? 
C'è giusto il tempo di spiegare a Pessoa qualcosa sulla vita e sul significato della stessa, prima di ritornare all'hotel, racchiuso tra gli aerei che ci passano sopra verso l'aeroporto e il Nocturno 76: noto strip club, ma di cui trovo sempre la porta chiusa.. Se suono due volte penseranno sia il postino? Qualcuno sa quante volte suonano i postini in Portogallo?

giovedì 24 dicembre 2015

Lisboa dia 2 - 20/12/2015: Pelo incomodo (trad.: per il disagio..)

Domenica lisbonetana, dopo la colazione continentale siamo pronti a scoprire e marciare come dei soldatini (di piombo).
Tappa uno: il parco sotto casa, sormontato da un monumento priapesco, e già ci auguriamo non sia una giornata del c...


..senza titolo..
                                                                                                                                                           
Ma la domenica ci arride e si può visitare le serre reali alla portoghese, ovverossia senza pagare. E siamo i soli a perdercisi tra le piante tropicali.
..la cantina del re..


..ola!
Per fortuna non veniamo mangiati dalle piante carnivore, e riusciamo a risalire qualcuno dei sette colli della città vecchia, dove la fa da padrona il tipico tram di inizio XX secolo e i suonatori inesperti di chitarre scordate.
Scopriamo che c'è una chiesa per italiani che ci respinge fin da subito, così come la chiesa senza tetto che è chiusa.
Decidiamo che è la giornata giusta per camminare come dei beduini: fa un caldo assassino e l'acqua che abbiamo ha un sapore indeciso tra la sciacquatura di piatti e l'afrore di cane bagnato.
Cerchiamo miradori e invece siamo noi a essere scrutati da vecchiette che da primi piani invasi da madonne e gesù bambini ci osservano come civette civettuole.


..a senhora do miradouro..
Camminiamo tanto e sudiamo come i suddetti cammelli dei beduini (tanto che alla Reception sono registrato come Nabdoani): ma come sarà Lisboa a luglio?


..mamma..
A questo punto vogliamo raggiungere il museo più importante del Portogallo e vedere un trittico delle Tentazioni di Sant'Antonio (abate) dell'incommensurabile Hieronymus Bosch (bellissimo nonostante un sessantenne si ostini a fotografare ogni personaggio con una lentezza esasperante). Incontriamo i nostri odiati Della Robbia e un magistrale Piero della Francesca, un Rafael Sanzio che ci mostra un miniquadro fatto durante un'uscita a pesca con amici e un insieme variegato di ruberie portoghesi a giro per il mondo, nonché paramenti sacri che farebbero venire la pelle d'oca al buon Francesco (al papa o al santo, fate vobis).
Ne usciamo già con la schiena a pezzi e cerchiamo la pappa, trovando una boulangerie (tipica portoguesa). Si può sedere fuori e come in primavera c'è bisogno di una birra per dissetarsi. Peccato che la cameriera sia la Fata turchina, bellina ma lentina. Ci assorbono la pazienza senza manco in cambio un lauto pranzo. Per fortuna posso chiamare casa da una tipica cabina lisboneta.

Non ci rimane che camminare, anzi no, provare un tram fino a Belem (di treni ci sono solo le rotaie, non le stazioni), dove ci attirano i dolcetti (24,000 al giorno ne sfornano, e tutti per giapponesi o turisti bacalhau come noi).
..che do' pasteis!
Vista la scarsa propensione per la socializzazione ci volatilizziamo verso la foce del Tejo e la Torre, che al tramonto vale il prezzo del biglietto aereo.
Il lungo fiume è una passeggiata lunghissima, ma molto distensiva (da cui il detto: passi lunghi e ben distensivi).

..loro vanno di là, e io vo di qua..
..Enos ululì, Enrico il Navigatore ululà..
Alla fine anche il sottoscritto è cotto nel burro, tanto da addormentarsi nel tram di ritorno.

Per fortuna in albergo ci aspetta il nostro receptionist preferito, Vladimiro, un portoghese di colore con un perfetto italiano e professionale come pochi, che ci consiglia e ci prenota la cena di domani.
Dopo il tardo riposino non ci resta che una cena alentejana in un locale bello, gotico e déco tutto insieme: una specie di Casa della Padania portoghese.
Alentejo libero!
..vongola maiala!
Il piatto tipico, porco alentejano, è a dir poco una sorpresa: spezzatino di maiale con patate al forno e una spolverata di vongole. Burp.
Domani Fado, o della tristezza incombente.
..rua da Saudade..

mercoledì 23 dicembre 2015

Lisboa dia 1 - 19/12/2015: O Spaesamentu..

Avremmo dovuto capirlo subito. Appena arrivati al terminal ti mettono in mano una cartina e ti augurano buon divertimento.
Poi cerchi di parlare quel po' di inglese che faticosamente ti sei conquistato, ma loro ti rispondono in italiano.
Insomma, il primo giorno è all'insegna dello spaesamento.
Un po' è colpa di Murphy, dal momento che quando ti serve sapere il nome di una strada ti trovi esattamente dall'altra parte rispetto a dove c'è la targa. In marmo. Sbiadita. Ed è rosso, e i portoghesi non guidano esattamente come gli svizzeri.

Poi succede che l'impatto è ormai uguale in tutti gli aeroporti del mondo: gli stessi odori, le stesse insegne, la stessa metropolitana, la cui nostra fermata è invariabilmente El Corte Inglés che ci accoglie proponendoci O despertar da força e una serie di buffi omini vesiti con mantelli e raggi laser.
Scopriamo fin da subito che:
1. Il portoghese si legge bene, ma si ascolta male;
2. I lisboneti amano dare indicazioni stradali, anche se non sanno leggere le cartine nè tantomeno riconoscono di non sapere dove piffero ti stanno mandando; sicchè si è costretti a chiedere indicazioni sempre a un numero dispari di persone, di diverse età, e poi fare una statistica comparata che dia un'approssimazione accettabile e delle coordinate spazio temporali percorribili.

Il jet lag mette fame e l'incontro con le strade di Lisboa ci mette subito all'erta: le panetterie saranno la mia rovina. Non resisto a far seguire a un panino con l'arrosto una bola con crema. Tanta crema. 
Lisbona si fonda sul fritto e sulla crema pasticcera. Ogni tanto i due pianeti si fondono tra loro. Letteralmente. E nasce il bacalhau..
Ci facciamo portare in camera champagne (da loro vezzeggiato: O espumante) e cioccolata belga inclusa nel lussurioso pacchetto; in cambio cerchiamo di estorcere informazioni su come fermare la ventola del bagno che sembra comandata direttamente dall'Isis. La risposta del cameriere è al fulmicotone: you close the door, you don't listen. Chapeau! Sottinteso: importa a me assai, tanto abito a Cascais.. Portoghesi 1 - Enos 0.

Gli spaesamenti continuano: fa un caldo da maniche corte, autoambulanze uscite dagli anni '60 si lanciano contromano e fanno le pieghe che manco all'Estoril, in vetrina ci sono regine Elisabette che salutano, ma le caldarroste si vendono che manco a Bolzano. 


..bye bye, my Queen..

Peraltro i mercatini sono uguali e pure gli addobbi, le canzoncine no, quelle sono inglesi o americane.
Lo smog la fa da padrone, in compenso gli spazi si dilatano, ma siamo ancora disorientati che dall'albergo al mare ci sia da salire e non da scendere.
Per fortuna ci facciamo guidare dalle piste ciclabili. Nuovissime. Nuovissime per il fatto che nessuno le usi: stranamente, dacché Lisboa è famosa per essere costruita su sette colli ripidi come le cascate del Niagara.

Faticosamente ci intrufoliamo in un ristorante che definire autentico è riduttivo: il cameriere ordina per noi mezze porzioni ed ha ragione: il bacalhau abbonda e ci accompagnerà per lunghi giorni. Il mio prevede: bacalhau rivoltato nelle patate fritte e nella cipolla con aglio al forno; prevede anche di tornare a casa sbuffando come una ciminiera..
Come le insegne dei ristoranti italioti: Il piccolo Napoli, El carpaccio e un'irrestibile campagna marketing dell'Instituto Espanholo che recita: Te gusta el bacalao? A mi me encanta! E come insegna fanno bella mostra di loro tre filetti di baccalà ancora crudi. C'è sempre da imparare.


..me encanta..
..stay hungry, stay tuna..

domenica 3 maggio 2015

Viaggio di nozze: The Return - giorno 12: Assisi - Firenze

Dopo l’incontro con il profeta d’Assisi vestito di pelli d’Alpaca di cui riproponiamo documentazione fotografica,  


andiamo a cercare riposo dall’affittacamere già prenotato (molto in centro).
Il giorno precedente ci aveva telefonato verso le 15 preoccupato per non vederci arrivare. Ho durato fatica a fargli capire che eravamo su una statale, camminando a piedi, e che ci sarebbe voluto un po’ prima di vederci comparire zozzi e stanchi. Il suo commento è stato: “Ma siete a piedi per vostra scelta?”.
Da lì abbiamo capito che era abituato ad altre tipologie di pellegrini. Infatti giunti ad Assisi ci siamo ritrovati a nuvole di profumo Chanel n. 5 (mentre noi al massimo odoriamo di 5 Cannellini), a bus che vomitavano comitive come novelli cavalli di troia, a frati che praticamente facevano i vigili urbani, a bambini urlanti con gelati più grandi di loro, e ovviamente a negozi tutti uguali. Finito il predicozzo sui bei tempi andati, ritorniamo al racconto di venerdì sera, 1 maggio (Festa del Lavoro che c’è ma non si vede).
Come accennavo abbiamo cercato di riposare presso l’affittacamere dall’evocativo nome di “I Colori d’Assisi”. Avrebbe in realtà dovuto chiamarsi “i Rumori di Assisi” poiché le pareti di carta velina ci permettevano di sentire i disturbi gastrointestinali del vicino di stanza, la profondità del russare dell’altro vicino di stanza e, ovviamente, l’immancabile televisione del terzo vicino di stanza (che per fortuna guardava Rai Uno). Ad ogni modo, siamo egualmente crollati dalla stanchezza e abbiamo dormito il sonno dei pellegrini arrivati.
Semi-arrivati, in quanto il giorno dopo, sabato 2 maggio, avevamo due missioni da compiere: andare a Santa Maria degli Angeli a portare un fiore alla Madonna per mantenere una promessa fatta a una persona che ivi si sposò, e rientrare (la prova più difficile). Iniziamo facendo colazione nel bar convenzionato che dà direttamente sulla fermata dei bus e che in realtà è un cyber caffè dalla musica tecno-house adattissima al nostro umore, che invece si nutre della famosa canzone di Toquinho u fundo: Saudade-Tristeça i Depressao e che fa:
Tristeça / Tanta Tristeça / Cuando tornao a casa dal pelegrinao /
Tristeça / Depressao profondao / meravigliao cuando andao

Sulla via andiamo a salutare il cavaliere, triste anche lui per la nostra partenza, e incrociamo suore asiatiche che fanno shopping di ricordini, souvenir e chincaglierie cattoliche (ah, il protestantesimo!). Evitiamo coraggiosamente anche il richiamo della porchetta.





Poi giù di corsa evitando il più possibile il traffico, e difatti ci perdiamo (ricordiamo che da Assisi alla Porziuncola – che sta dentro S. Maria degli Angeli - è tutto diritto). Ci salva una signora che camminava per sport, la quale ci riporta sulla retta via (nel senso che è tutta diritta) e che ci dice che siamo matti a camminare così tanto, che lei non ce la farebbe perché ha i figli piccoli (sedici anni, povere creature), etc…
Esauriti i convenevoli di prammatica affrettiamo il passo perché alle undici e diciannove vogliamo prendere il treno e fuggire dalla ressa. Ressa che a ogni fermata dei bus prende d’assalto i mezzi già stracolmi. Non mancano i giapponesi che fanno foto ai bus con aria spaesatissima e che non capiscono come funzionano i sistemi di trasporto, ad esempio: perché fare una stazione ferroviaria chiamata Assisi a cinque chilometri da Assisi in un posto che non si chiama Assisi ma Santa Maria degli Angeli, per poi dover prendere un bus, visto che Assisi non è New York da essere considerata città metropolitana? Arduo da spiegarglielo. Se qualcuno vuole ho preso dei contatti telefonici…
Sulla via la moglie insiste per immortalarmi accanto a dei manifesti

e per fortuna che non perdiamo la via, anche se insegne che potrebbero ricordare quelle di Maria tentano di traviarci:


Raggiungiamo infine la Porziuncola, per chi non lo sapesse una piccola chiesina di campagna (dove Francesco si ritirava, dove accolse Chiara e dove infine scelse di morire) che ora è inglobata in una immensa chiesa cinquecentesca. Facciamo una lunghissima fila travestiti da pellegrini con zaini e ci ammassiamo nella chiesettina dove c’è un frate che fa pregare e dà una spiegazione religiosa-culturale del luogo. La dolce consorte ha ancora in mano il piccolo bouquet di fiori di campo

che di nascosto posa accanto alla Madonna e quindi scappiamo a piè levati (si fa per dire). Caffè gentile e poi le nostre strade si dividono, lei a procacciare del cibo, io a procacciare i biglietti del treno.
Per raggiungere la stazione c’è da passare al lato della chiesa, dove i Medici (sempre loro!) hanno fatto costruire una vasca con tante fontanelle e tante palle (il loro stemma, non a caso suppongo…) e già scendono larghi lacrimoni.
Poi ci rivediamo a lato dei binari per il trenino che in due ore e mezza rifà simbolicamente gli stessi chilometri che noi abbiamo percorso in undici brevi e fugaci giorni, valicando montagne e regioni ospitali.
Scendiamo a Campo di Marte e l’umore cambia come il giorno e la notte, come il lavoro e le ferie.
Siamo in pieno shock da rientro, le gambe vorrebbero camminare e invece siamo fermi ai semafori, stiamo attenti alle cacche di cane sui marciapiedi, sentiamo l’usato sottofondo del traffico e del berciare cittadino. Arriviamo comunque a casa a piedi e il selfie davvero è triste triste triste, ma ancor più triste è il selfie della coop. 




Un sospiro e riprendiamo, grati (ma non gratis) il tran tran quotidiano.


Malattia del giorno: jet lag.

Canzone del giorno: Requiem 



sabato 2 maggio 2015

Viaggio di nozze - giorno 11: da qualche parte prima di Perugia - Assisi

Notte assetata causa salumi umbri. Ciononostante dormiamo come dei pascià e al risveglio la colazione è comunque terreno di razzìa.
Primo maggio, ci auguriamo un buon mese in greco (kalomìna) e con dispiacere salutiamo Cesare e Iosetta, nostri ospitanti dal gran cuore e dall'ottima padella. Ci aspetta tappa piana (a parte la salitella di Assisi), ma non priva di insidie. Con l'andare dei chilometri si avvicina la meta e la frenesia di arrivare, iniziando comunque costeggiando il Tevere per un buon tratto. Il parco che accompagna il fiume nel suo corso è ottimo per i corridori e i passeggiatori della domenica (e del venerdì festivo) e difatti incrociamo tantissima gente, per lo più improbabile. Notiamo che soprattutto gli accompagnatori di cani sono un affascinante oggetto di studio: cani ciccioni con padroni rassomiglianti, cani minuscoli al guinzaglio di boxeur, canini eternamente abbaianti accompagnati a taciturni e ombrosi umani, cucciolotti nelle mani di anziani signori: ma quelli che fanno pensare di più sono gli ultrasettantenni trascinati da improbabili barboncini con fiocchetti rosa.
Questo tratto non è segnato benissimo, anzi, è troppo segnato tra vie di francesco, percorso francescano, vie romee, cammino della pace, il nostro mitico pellegrinetto medievale, frecce di tutti i colori e dunque perdiamo un po' di tempo perplessi su dove andare.. Ma tutto prosegue al meglio tanto che un ciclista ci saluta con il grido di battaglia degli antichi osco-umbri: "scamosc'!" (qualunque cosa voglia dire.. Noi propendiamo per un antico augurio di ottenere al più presto dei giubbottini scamosciati antipioggia).
E difatti non piove, perciò raggiungiamo bel belli un'antica stazione sulla via Lippia (boh!) ora tramutato in un truzzissimo bar di paese regno della gioventù più sfaccendata dell'Umbria e dei vecchietti malati di gratta e vinci. Però la brioche con il prosciutto era buonissima ed è stato provvidenziale per altri motivi muliebri (ennesima lezione del fatto di non dover mai nè giudicare nè dare per scontato alcunché).  Siccome siamo dovuti entrare in Collestrada, deviando un po' dal percorso segnalato, il sottoscritto propone, mappa alla mano, la più classica delle scorciatoie. In pochi minuti ci ritroviamo infatti in un bucolico svincolo autostradale, con l'impossibilità di riportarci sulla retta via. Possiamo solo tirare innanzi speranzosi. Cercando di non fare la fine dei ricci ci riimettiamo nella statale giusta e con qualche chilometro in più del necessario (alla fine saranno più di 25) raggiungiamo prima Bastiola, poi Bastia Umbra e poi l'ennesimo parco lungo un fiumiciattolo che dovrebbe portarci alla tomba del Santo. Prima però ci facciamo misurare la velocità dal tachimetro dei vigili, evitando di poco la multa per eccesso di velocità al ribasso.
Passiamo un parchetto stracolmo di balcanici ubriachi e peruviani vocianti e costeggiamo in mezzo al verde il torrentello, passando accanto a un canile (che pena quel latrare!) e infine si apre la vista sulla piana di Assisi e sul complesso della bellissima cittadina. Facciamo tante foto, quasi tutti selfie anche perché quando la mogliera vogliosa di una foto assieme cerca di fermare una ragazza che fa pseudo-jogging per farci fare una foto ricordo, quella risponde con un sorriso e tira diritto come se le avessimo chiesto se poteva aiutarci a trafugare le reliquie di Santa Chiara. Vi risparmiamo le 157 foto selfies con la basilica sempre più grande. Ma, in effetti, più ci appropinquavamo e meno sentivo la fatica. Cresceva però il fastidio di ritrovarsi in mezzo alla bolgia assisate in un giorno festivo dopo dieci giorni di solitaria in mezzo a boschi e colline. Per fortuna ci sono i cartelli stradali che offrono sempre eterna fonte di divertimento, ne notiamo uno che propone addirittura una pista ciclabile, ma con cicli condotti a mano!
La salita sulla mattonata di Assisi è rapida, poi in città c'è da evitare i bus contromano, i residenti in macchina incazzati dalla troppa gente e infervorati dalla preparazione del Calendimaggio (la sagra locale) e i pestaggi degli scout che ad Assisi la fanno da padroni. Il sessantenne scout dalla corporatura robusta, calzoni corti e calzini tirati su fino al ginocchio strappa sempre e comunque un sorriso, anche dopo 224 chilometri fatti a piedi.
Andiamo subito al neo ufficio dei pellegrini (i frati hanno fiutato il vento) dove ci accoglie il simpatico frate argentino Jorge che ha come sogno di andare da Assisi a Gerusalemme camminando: ci chiede una preghiera e non possiamo rifiutargliela..Di converso ci dà il testimonium e ci informa che alle 18 c'è la messa pei pellegrini. Il tempo di una doccia veloce e siamo a salutare Francesco, a ricevere messa e benedizione davanti all'altare della basilica inferiore, a un passo dalla tomba raggiunta e diciamo che è una cosa che non capita tutti i giorni..
Evitata la ressa andiamo in via San Giacomo a finalmente mangiare.. Nonostante siamo i primi ad entrare usciamo per ultimi (servizio lento) e non restiamo particolarmente impressionati dalla cucina, in compenso ci scoliamo la bottiglia e discorriamo di cose private e che quindi non saprete mai..
Due ore dopo si va a fare un giretto, tira vento, ci perdiamo più volte, ma in compenso veniamo fermati da un personaggio che va a giro a piedi scalzi con bastone e vestito di pelli di lemure che ci dice che lui è un profeta (ma non dell'isis e manco un falso profeta) e infine ci mettedi fronte a ben due opzioni: o comprare il suo libro o fargli un'offerta. A bocca aperta da almeno dieci minuti propendiamo per l'offerta minima e infatti dopo poco la moglie riesce a fotografare la mia aureola, ma non potrete mai annusare (buon per voi!) il mio odore di santità..

Malattia del giorno: spaesamento da raggiungimento meta..

Canzone del giorno: Saran belli gli occhi rossi / saran belli gli occhi blu / ma le gambe / ma le gambe / a me dolgono di più..

venerdì 1 maggio 2015

Viaggio di nozze - giorno 10: da qualche parte prima di Umbertide - da qualche parte prima di Perugia

Ritemprati da un'ottima mangiata al tartufo e appesantiti dal regalo dell'amico prete del babbo (edizione della Bibbia di Gerusalemme in copertina spessorata bianca grandi occasioni - 2 chili tutti, sul groppone) andiamo a nanna.  Almeno fino a mezzanotte, quando le mogli si trasformano o in belle addormentate o in antiche locomotive a vapore che tossiscono per delle mezzore. In queste notti dormiamo comunque molto bene, stanchi e soddisfatti e in camere che hanno suoni di sottofondo degni di sovrani medievali. Infatti al risveglio le colazioni sono preda di orde barbariche, Sabrina and I. In particolare oggi le torte fatte in casa, il miele autoprodotto, le marmellate (arancia e vaniglia e arancia e mandarino) e il consueto doppio caffè carpiato all'ingiù. L'autore di cotanto ben d'Iddio si lancia però nel darci tripliche indicazioni sulla strada da percorrere confrontando quattro mappe - 4! - di cui una d'epoca napoleonica. A nulla vale tentare di spiegargli che il percorso è perfettamente segnalato e che abbiamo abbastanza mappe e idee di per loro già confuse sufficientemente. Mentre nella mia testa faccio andare musica da ascensore attendiamo la partenza, verso le 9 e qualche minuto. Ci aspettiamo una tappa lunga ca. 24 km e piana, ma non così piana.
Vuole la leggenda che la prima versione di Califano di Tutto il resto è Noia facesse: 'Tutto il resto è pianuraaaa, no, non ho detto Umbertideeee'. E perciò ci concentriamo sulla performance: come Rino Tommasi tengo i tempi e i minuti/km e trascinato dalla mitica Sab tocchiamo andature da settimo cavalleggeri. Prima fermata all'abbazia di Monte Corona, dove si entra in quello che io vedrei bene come raffinata cantina: volti a botte in pietra anticheggianti, temperatura e umidità perfette, sedili in legno perfettamente conservati, tavola centrale imbandita.. Mentre mi appresto ad affettare i salumi, la consorte mi trascina via e mi costringe a fare, per penitenza, gli addominali fotografici e la corsa a chi va più piano con le lumache (tre foto testimoniano il tutto).
Scudisciandomi per espiare i miei innumerevoli peccati (tra cui: mancanza di fede nelle cartine, blasfemia e tentata riproduzione del miracolo acqua vs. vino) costeggiamo il padre Tevere per un tempo che sembra (e lo è) infinito.
Manco una salitella: se le salite rompono il fiato, le pianure rompono li c...
Maciniamo chilometri e felicemente e con sommo diletto arriviamo verso le 15 alla meta odierna. Due brividi soli mi pervadono: quando un cartello stradale indica mia moglie (o come faranno a sapere come si chiama?) e quando un altro segnale ci informa che qua i bus vanno contro mano.. La diletta coniuge decide dunque di movimentare, come peraltro d'abitudine sua, l'ordinarietà odierna causandomi continui, ma per fortuna lievi, infarti.  Tipo camminando in mezzo alla strada (penso che la frase più usata in questi giorni sia: 'stai sotto', traduzione letterale dal friulano per significare il desiderio che la persona a cui ci si rivolge cammini ai bordi della strada). Altre volte si è attardata sotto ad alberi evidentemente spezzati e pericolanti. Oppure utilizzando il bastone da passeggio a mo' di majorette del baseball americano importato a Cuba a un nanomillimetro dal mio occhio dx.  Oppure, nel silenzio di un bosco a mille metri, improvvisamente e angosciosamente espirando come avesse visto un nido di vipere (in realtà prendendo dell'ossigeno in più).
Ci sentiamo, ahiloro, subito a casa dei signori del b&b che ci ospita. Conosciamo tre generazioni della famiglia, ci fanno assaggiare di tutto di più e ci fanno addirittura da accompagnatori con la macchina. Succede infatti che ancora una volta dimentichiamo di prelevare dal bancomat quando possibile e quindi ci ritroviamo con pochi copechi in tasca. Il tempo di una doccia e il sottoscritto s'è già infilato a letto, mentre la santa consorte lava un due magliette.
Tutto il resto è sonno e riposo, tranne un'approfondita lettura della voce di wikipedia sulla sindone di Torino. Scopriamo infatti che è possesso personale del papa. Qualora dovessi mai diventarlo mi presenterei a Torino munito di forbici papali per farne quadratini di un cm 2 e rivenderla su ebay.

Malattia del giorno: piedi piatti causa asfalto pianeggiante..

Canzone del giorno: panniii stesiii, non hooo più mutandeee..