domenica 20 gennaio 2013

Djokovic la spunta su di un epico Wawrinka


Il numero 1 al mondo, Novak Djokovic, ha la meglio su Stanislas Wawrinka solo dopo una battaglia di oltre 5 ore con il punteggio di 1-6, 7-5, 6-4, 6-7 (5), 12-10. Accede così ai quarti dove l’aspetta il ceco Berdych. Partita da incorniciare, e finalmente un po’ di pepe su questi Australian Open.



Sembra che l’Australia prolunghi le partite sempre più al limite per il serbo Novak Djokovic. Dopo la finale eterna della scorsa edizione contro l’assente Nadal, un’altra entusiasmante ed epica lotta lo ha visto vincitore quest’oggi. Non era una finale, ma un incontro di ottavi che tutti consideravano banale per lui, il Robocop del tennis moderno. Tabellone agile, autostrade aperte e altre amenità abbiamo sentito in questi giorni, quasi dimenticando che uno Slam non è mai una passeggiata domenicale. E infatti gli ci son volute ben 5 ore e due minuti per aver ragione dello svizzero Stanislas Wawrinka con il punteggio di 1-6, 7-5, 6-4, 6-7 (5), 12-10. È un punteggio che parla da solo: è stato il miglior match del torneo sino a questo momento, forse la miglior partita del numero due svizzero e una girandola continua di emozioni e colpi da manuale del tennis del ventunesimo secolo. D’altra parte, Djokovic, nell’intervista di ieri sera andata in onda su Eurosport aveva giustamente decantato la consistenza di Stan, facendo notare che l’ombra di Federer lo ha penalizzato, ma che si trattava comunque di un osso duro, non per nulla da diverso tempo lo si trova tra i primi venti del mondo, e non per nulla si è presentato tra i canguri con il numero 15 delle teste di serie.
A queste dichiarazioni non sembrava però seguissero i fatti: pronti, via, e il campione uscente si trova sotto di un set a zero, perso 6-1 e scioccato dalla partenza sprint dello svizzero, che spinge ancora sull’acceleratore e nel secondo set va anche sul 4-1 e poi a due quindici dall’incamerare il secondo parziale. È forse questo l’unico vero rimpianto che Stanislas dovrà digerire prima dei prossimi tornei. Ed è questa la differenza tra un campione e un cannibale come Djoko. Messo in saccoccia con fatica l’1-1, inizia un altro match. Djokovic fa il Djokovic ma non riuscirà mai a scrollarsi di dosso il tignoso svizzero, che gli rimane con il fiato sul collo e con un tie-break ben gestito si porta sul 2-2. Il quinto set è da annali, come quasi tutti quelli che finiscono oltre il 7 a 5. Wawrinka si dimostra spesso coraggioso, annullerà alla fine ben tre match point giocando a tutto braccio, altre volte sembra avere un po’ di braccino, come nel nono gioco, quando, procuratosi quattro palle break lascia l’iniziativa all’avversario, e saranno le sue ultime chances di vittoria. Chiude infine Novak con un roboante 12-10 e una maglietta strappata all’incredibile Hulk, stesso gesto della finale dell’anno scorso, guarda caso…
Ora però, passata l’adrenalina, ci sarà da fare i conti con il recupero da questa faticaccia e affrontare Thomas Berdych, certo non uno che salta sempre sul treno che passa. Si sa che Nole si esalta nelle difficoltà e nelle imprese, ma dovrà stare attento al bombardiere ceco, che ha un’occasione d’oro tra le mani, anche se la superficie degli Australian Open non è velocissima e i suoi servizi faranno meno male di quanto potrebbero.


sabato 19 gennaio 2013

Gorgeous Gussie, la minigonna che fece scandalo

Se ne è andata da poco “Gussie” Moran, la prima donna ad aver indossato una minigonna sui campi da tennis. Fu a Wimbledon 1949 e contro di lei si scatenarono l’opinione pubblica e i benpensanti. Fu precorritrice, a sua insaputa, del tennis inteso come spettacolo e delle malignità che le giocatrici che osano attirano su di loro.





Cosa sarebbe il tennis odierno senza i bicipiti di Nadal e i fisici scolpiti dei maschietti, o senza le gambe lunghe della Sharapova o della Ivanovic in bella mostra? E senza i completini più o meno raffinati e colorati…
In tutti gli sport ci sono delle icone, vincenti o meno, ancora famose oppure ormai dimenticate. Il 16 gennaio scorso ci ha lasciato a 89 anni un’icona della storia del tennis, seppur poco conosciuta: l’americana Gertrude "Gussie" Agusta Moran. Non verrà mai ricordata per i brillanti risultati sul campo; al massimo raggiunse i quarti a Wimbledon nel 1950 e una semi nel 1948 agli US Championships, mentre in doppio misto ottenne una finale nello slam americano (1947) e una finale nel doppio misto del 1949 tra i sacri cancelli di Church Road, il luogo in cui portò niente di meno che il peccato e la volgarità.
Già, perché di lei tutti ricorderanno solo le mutandine aggraziate da pizzi assassini (citiamo Gianni Clerici).
Come andò? Andò che nel 1949 vinse i tre tabelloni dei campionati statunitensi indoor (il doppio misto con un certo Pancho Gonzales), e quindi si guadagnò l’accesso a Wimbledon come testa di serie n. 7. Per l’occasione chiese a Ted Tinling, ex tennista e già affermato stilista del nostro amato sport (lo sarà anche per grandissime come Navratilova, Evert, Wade, Goolagong e King), di disegnarle un bel completino. Lei di certo voleva far colpo, visto che meditava di scendere in campo con le maniche di colori diversi e un terzo colore per i pantaloncini. Per fortuna Tinling, che rivestiva il ruolo di anfitrione ufficiale di Wimbledon, non lo permise, anche per via della regola eburnea wimbledoniana, ma acconsentì a osare, e non poco. Per lei disegnò dei pantaloncini corti abbastanza da far intravedere le mutandine adornate da aggraziati pizzi: insomma, la prima minigonna sui campi da tennis. Ovviamente i fotografi facevano a botte per accaparrarsi i posti migliori (piano sottoterra) e, il mattino dopo, le foto di quella che era diventata in poche ore “Gorgeous Gussie”, la bella Gussie, fecero il giro del mondo. Perse quella partita, anche perché non riusciva a sopportare tutti quegli sguardi e le battute feroci. Come giustamente disse: “Non avrei causato più scandalo se mi fossi presentata sul campo completamente nuda!“. Di più, scandalizzò organizzatori, soci e invitati, tra cui la ultra ottantenne regina consorte Mary di Teck, alcune principesse della corte egiziana e tanti, troppi benpensanti. Partirono interpellanze parlamentari e Ted Tinling fu bannato dal sacro suolo dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club per 23 anni con l’esplicita accusa rivoltagli da un socio: “Tu hai portato il peccato e la volgarità nel mondo del tennis”. Per fortuna all’epoca, vista anche l’aperta omosessualità di Ted, non c’erano più i roghi per gli adoratori del demonio…
Insomma, se Bunny Austin portò i pantaloncini corti, Suzanne Lenglen le maniche corte e gonne più comode, Fred Perry e René Lacoste le t-shirts, Gussie Moran fu l’involontaria bandiera delle minigonne. E lo fu nell’ancora puritano 1949. Ma non fu mai bandiera del femminismo o dell’emancipazione come potremmo intenderla al giorno d’oggi, lo furono molto di più Billie Jean King e Martina Navratilova qualche decennio più tardi. Lei, per esempio, non avrebbe mai osato una Battle of the Sexes. Si trovò molto probabilmente coinvolta in un gioco più grande di lei. La vediamo come una precorritrice della Kurnikova o delle sorelle Williams, o di Maria Sharapova. Una donna che ci teneva ad essere glamour, nulla di più. Sarebbe stata perfetta al giorno d’oggi. Invece, visto il clamore che suscitò, rimpianse spesso quel giorno sui courts più famosi del mondo e, difatti, l’anno successivo si presentò ai Doherty Gates molto più castigata nei costumi e negli atteggiamenti. Nel 2002 disse: “Ma in fondo che c’è di male nel trovarsi bene con il proprio corpo e i propri vestiti? Io non mi trovavo proprio a mio agio, forse ora sarebbe diverso”.
Ritornando a Ted Tinling, è necessario aggiungere la sua visione lucida del fatto, ancora più esatta se rivista con le lenti di noi spettatori dell’anno 2013: “Ho portato il peccato nel mondo del tennis perché il tennis non poteva più autofinanziarsi come semplice sport. Doveva mutarsi in spettacolo”. E infatti la parabola della bella Gussie si evolse proprio in quella direzione. Pochi mesi dopo si aggregò al circo del tennis professionistico (guarda caso proprio con Bobby Riggs), dove richiamava gli spettatori più per la sua immagine e i pettegolezzi che per il suo tennis (peraltro fu una dignitosissima mancina). Anche lì le cose non andarono bene, e si trovò a dibattersi sempre tra matrimoni falliti, cattivi investimenti finanziari, periodi buoni (qualche comparsata in qualche film, qualche pubblicità), e altri decisamente meno, come giornalista sportiva mai completamente affermata, e soprattutto i postumi di un terribile incidente aereo. Nel 1970 partecipò a un tour di sostegno alle forze militari impegnate in Vietnam, lei che aveva perso un fratello durante la seconda guerra mondiale ed era sempre pronta ad aiutare la sua patria. L’elicottero su cui viaggiava venne abbattuto e lei seriamente ferita: il recupero fu molto lungo. Gli ultimi anni della sua vita non furono, poi, all’insegna della ricchezza, ma i suoi amici la ricordano sempre molto orgogliosa senza essere per questo eccessivamente rigida.
E anche a noi ci appare così. Sarà forse ricordata dai più solo per quell’avventata minigonna, ma ci sembra più grande nell’aver trattato il Trionfo e la Disfatta alla stessa stregua, come recita la scritta che campeggia negli spogliatoi di Wimbledon.

Pubblicato su Ubitennis e Vavel il 19 gennaio 2013

mercoledì 16 gennaio 2013

Australian Open, Day 3: Maledizione Stosur

Nel terzo giorno dello Slam d’Australia iniziano le sorprese del tabellone femminile. Cade subito Samantha Stosur, eroina di casa, assieme ad altre teste di serie. Intanto la squadra italiana continua a perdere rappresentanti anche in doppio, mentre Errani e Vinci, numero 1 della speciale classifica, avanzano in due set.







È sempre vero il detto: Nemo propheta in patria. È ancor più vero per Samantha Stosur, numero 9 delle classifiche. Esce anche quest’anno prestissimo dal torneo di casa perdendo malamente al secondo turno dalla numero 40 del mondo, la cinese Je Zheng per 6-4, 1-6, 7-5. Incredibile come una ex campionessa di Slam (US Open 2011) non riesca a spingersi al quarto turno australe se non in due edizioni, nel 2006 e nel 2010. E le caratteristiche tecniche ci sarebbero tutte per andare per lo meno in semifinale, nonostante il cemento australiano non sia velocissimo. Ma le pressioni che subisce in patria sono evidentemente troppe, anche per le sue spalle, che pure sono possenti.
Nessun problema invece per le numero 2, 4 e 5 del tabellone: Maria Sharapova continua a inanellare doppi bagel vincendo anche nel secondo turno per 6-0 6-0, Agniezka Radwanska ha rapidamente ragione della romena Begu con un doppio 6-3 e la tedesca Angelique Kerber regola la Hradecka per 6-3 6-1. Anche la cinese Na Li, numero 6 del seeding, avanza abbastanza agevolmente in due set, mentre Romina Oprandi, ex italiana che ora gioca battendo bandiera svizzera, perde da Julia Goerges, n. 18 del mondo e interessante esponente della nuova generazione tedesca. Qualche grattacapo in più per Jelena Jankovic, per la Cibulkova e per la francese Bartoli. Anche Ana Ivanovic fatica, andando al terzo con la cinese Chan e pasticciando come le è solito con servizio e mentalità. Venus Williams invece approfitta della poca consistenza della francese Cornet, al prossimo turno avrà invece la Sharapova, e forse questa Venus non basterà.
Ci sono invece state altre sorprese nel tabellone femminile: cade Tamira Paszek, austriaca numero 30 delle classifiche e la Zakopalova (23), che si arrende alla belga Flipkens guadagnando un solo game.
Continua intanto l’emorragia di forze italiane nella terra dei canguri: la Schiavone perde anche in doppio, dal team australiano Barty / Dallacqua. Per fortuna vincono Errani e Vinci, teste di serie numero 1 della specialità, che superano le svedesi Arvidsson e Larsson senza tentennamenti.

Pubblicato su Vavel.com il 16 gennaio 2013

domenica 13 gennaio 2013

Australian Open: sguardo al tabellone femminile


Al via il primo, importantissimo, torneo stagionale: gli Australian Open. Diamo uno sguardo a quello che ci riserveranno le prossime due incandescenti settimane. Serena Williams, Azarenka o Sharapova per il titolo del torneo e per il numero uno? E la squadra italiana avrà qualche chance di arrivare almeno agli ottavi?


..dò a Vika il 49% di possibilità..

Dopo diverse settimane di assenza ritorna il tennis di vertice, partendo come ogni anno con il botto: gli Australian Open, primo torneo Slam della stagione e primo torneo in cui tutti i big e le campionesse saranno iscritte. Nella terra dei canguri il clima è bollente, non solo per le temperature record che saranno una delle incognite delle prossime giornate, ma anche perché i pronostici, soprattutto tra le donne, sono ardui da divinare.
Se in campo maschile Djokovic e Murray sembrano giocarsi il trono, in quello femminile ci sono molte variabili da considerare. In primis la tipica propensione del tennis in gonellina ad essere imprevedibile: vedremo sicuramente molte teste di serie abbandonare mestamente il tabellone nei primi turni, come accadde alla Stosur, che gioca in casa, l’anno scorso battuta dalla Cirstea al primo turno.
Vediamo comunque le papabili in ordine di preferenze dei bookmakers: Serena Williams è quella che ha dimostrato di poter fare, sempre, il bello e il cattivo tempo, e nei mesi scorsi è sembrata decisamente determinata ad essere sempre il più cannibale possibile. Poi c’è Vika Azarenka, la bielorussa attuale numero 1 al mondo (ma per quanto ancora?) è la giocatrice che più di ogni altra è migliorata e ha possibilità di migliorare. Infine c’è Maria Sharapova, che in pochi vedono favorita, ma è comunque numero 3 al mondo e ha già in bacheca l’edizione del 2008 e la finale dell’anno scorso persa dall’Azarenka. Chi tra queste tre andrà più avanti sarà anche in predicato di installarsi sul trono della classifica singolare alla fine del mese, ma mentre le due ex sovietiche difendono i punti di una finale, nel 2012 Serena Williams arrivò solo al quarto turno, prima di esplodere da Wimbledon in poi.
Outsiders potrebbero essere la Stosur (ma ha già dimostrato la sua fragilità) e la Radwanska (non sorretta da un fisico abbastanza potente per il massacrante torneo australe).
Analizzando il tabellone, proprio Azarenka e Williams dovrebbero scontrarsi in semifinale, e la bielorussa ha nel suo quarto anche le italiane Errani e Vinci. Solo una Kvitova rinata potrebbe dare del filo da torcere all’afroamericana fino ai quarti. Stosur, Ivanovic e la Radwanska presidiano il terzo quarto del tabellone, mentre Kerber, Bartoli e Venus Williams dovranno contendere alla Sharapova l’accesso alla semifinale.

LE ITALIANE
La pattuglia italiana è partita con otto effettivi. Assenza pesante, ovviamente, quella di Flavia Pennetta ancora alle prese con i postumi dell’infortunio che le hanno condizionato pesantemente il 2012. La ventenne Nastassja Burnett si è fermata nelle quali (perdendo da Rodionova), così come la trentenne Maria Elena Camerin e Corinna Dentoni (battuta nel derby italico da Karin Knapp).
Nel tabellone principale troviamo dunque Sara Errani, Roberta Vinci, Francesca Schiavone, Karin Knapp e la giovane speranza Camila Giorgi. La nostra numero 1 se la vedrà al primo turno contro la spagnola Carla Suarez Navarro, dove arriverà sul cemento australiano? Altra spagnola per Robertina Vinci che al terzo turno potrebbe però addirittura incontrare l’Azarenka; la tarantina può comunque dar sfoggio del suo serve and volley per fare bella figura. Proibitivo primo match per la leonessa Schiavone, opposta alla Kvitova nella strada per cercare di ritornare a ruggire come ci ha abituato. Attendiamo invece Karin Knapp almeno al secondo turno contro la Jankovic, alla sua portata il primo turno contro la portoghese Koehler. Infine la ventunenne promessa Camila Giorgi, n. 74 del ranking: attesa e curiosità italiane per vedere di che pasta è fatta in terra australiana. Un grosso in bocca al lupo a tutte loro!

Pubblicato su Vavel.com il 13 gennaio 2013


sabato 5 gennaio 2013

ATP Doha: Davydenko ritorna a grandi livelli, ma trionfa Gasquet

Il 31enne Nikolay Davydenko lotta in finale a Doha, Qatar ma deve arrendersi a un ottimo Richard Gasquet per 3-6 7-6 6-3 che conquista meritatamente un torneo: per lui è la vittoria più prestigiosa.




Il transalpino Richard Gasquet conquista il ricco torneo di Doha su Nikolay Davydenko con il punteggio di 3-6 7-6 6-3 in oltre due ore e mezza. Bella partita tra i due contendenti, con scambi di altissimo livello, ma è troppo fresco il francese per non chiudere al terzo set su un Davydenko generoso e molto propositivo.
Era da un bel po’ di tempo che non si rivedeva Nikolay Davydenko così avanti in un torneo ATP. E l’ex numero 3 del mondo ne approfitta giocando una settimana quasi perfetta e dimostrando di poter ancora competere in tornei sulla distanza dei due set su tre. Manca al circuito il suo gioco particolarissimo, soprattutto i lungolinea millimetrici, le poche rotazioni che imprime alla palla e il suo saper disegnare il campo come con il goniometro. Dall’altra parte della rete c’è però Richard Gasquet, l’ex enfant prodige del tennis non solo francese che sembra rivitalizzato dalla cura Piatti, se non nei risultati almeno nel gioco. Molto più propositivo e brillante, forse anche più convinto mentalmente. Notevole, infine, la settimana del francese, sempre mirabile il rovescio monomane che meriterebbe un posto tra le meraviglie del tennis di tutti i tempi.

IL MATCH
Le statistiche del primo set fotografano bene l’andamento del parziale. Nikolay può contare su uno stato fisico di forma davvero smagliante, l’unica possibilità per lui per far fruttare il suo gioco fatto di palle piatte, lunghi scambi e anticipi mirabili. Un solo break consente al russo di portare a casa il set aggiudicandosi il 55% dei punti giocati. Si gioca infatti su pochi punti e non si può dire che il francese, autore di un’ottima settimana anche lui, demeriti. 6-3 il primo parziale e un Gasquet che può recriminare per due palle break non sfruttate.
Il secondo set è molto più combattuto e avvincente. Break del russo sul 2-2 e occasioni gettate al vento da parte del 31enne Nikolay per portarsi addirittura sul 5-2. Gasquet tiene, il suo rovescio da Oscar questa settimana funziona a meraviglia tanto da fargli recuperare lo svantaggio e regalargli la parità del 4-4. A questo punto Davydenko sembra un po’ più stanco e sembra ripensare alle occasioni perse per chiudere un torneo che per lui sembra quasi un canto del cigno a così alti livelli. Forse inizia a pesare l’insieme della settimana, in particolare lo scoglio sulla carta più difficile, David Ferrer battuto ieri in semifinale. A beneficio dello spettacolo, il secondo set ha bisogno di un tie break. Gasquet inizia bene, solido al servizio e determinato con il diritto; infatti il russo concede qualcosa, un minibreak in apertura, seppur recuperato subito con uno splendido rovescio lungolinea con i piedi in campo. Pecca di continuità Davydenko, e inizia a sbagliare troppe palle non impossibili regalando il tie break per 7-4 e quindi il set al francese: tutto da rifare. 
Il terzo e decisivo parziale vede il francese favorito, un po’ perché l’inerzia del match è dalla sua parte, e un po’ perché il russo inevitabilmente soffre la fatica di una finale al terzo set a cui non è più abituato: senza lucidità fisica, Davydenko ha meno possibilità di far brillare il suo tennis assai dispendioso. A conferma della fatica e degli sforzi a cui abbiamo accennato, il russo è costretto a chiedere l’intervento del massaggiatore sul 40 pari del primo gioco. Si piega a metà campo per un dolore alla gamba sinistra, un indurimento o uno stiramento al muscolo e rientra negli spogliatoi per circa 10 minuti. Rientra però per chiudere il game, seppur con difficoltà. Paradossalmente sembra Gasquet quello ad aver preso un contraccolpo psicologico maggiore dallo stop, tanto da litigare anche con Occhio di falco. Il calo di Davydenko è però netto, cede il servizio al quinto game e quindi il francese si porta sul 3-2 con ottime possibilità di fare corsa di testa. Il russo ha ormai finito la benzina, ed è agevole per il transalpino alzare le braccia al cielo trionfando per 3-6 7-6 6-3, con uno scambio di break negli ultimi due games.

Pubblicato su Vavel il 05 gennaio 2013

venerdì 4 gennaio 2013

Mi ritorni in mente: Lo spareggio infinito del 1925

..un'immagine della terza partita di finale..


Domenica 6 gennaio 2013 Genoa e Bologna si affronteranno per uno spareggio di bassa classifica. Eppure un tempo, quasi novant’anni fa, furono protagoniste ai vertici delle classifiche di una storia paradossale che, come spesso succede in Italia, vede il calcio specchio della società e dei tempi.
Nel 1925 lo scudetto si assegnava alla vincente di un confronto tra due Leghe, quella Nord e quella Sud. Ogni Lega era divisa in gironi; al Nord, per decidere chi doveva affrontare la regina del Sud (e quasi matematicamente vincere il campionato), dovevano affrontarsi Genoa e Bologna per una rivincita dell’anno precedente in cui i grifoni prevalsero. Le finali prevedevano andata e ritorno, più eventuali spareggi. Il campionato 1924-1925 passerà alla storia proprio per gli spareggi, conditi da un insieme di ingredienti che nella storia italica di questo sport ritorneranno più e più volte. 
L’andata e il ritorno del mese di maggio finirono con lo stesso punteggio: 2-1 per le rispettive squadre ospiti. Già allora, per chi coltivasse qualche dubbio in proposito, il calcio era seguitissimo, e le squadre cittadine erano altrettanti vessilli da seguire in casa e in trasferta, è comprensibile allora come nel primo spareggio, giocato il 7 giugno a Milano, l’impianto sportivo fosse così pieno che gli spettatori si accalcarono a bordo campo, a ridosso delle linee laterali. I genoani andarono in vantaggio per 2-0, molteplici furono le invasioni di campo, e nei minuti finali l’arbitro accerchiato anche da camicie nere bolognesi, fu costretto a convalidare due gol felsinei che le cronache riferiscono come molto irregolari. Alle proteste genoane l’arbitro rispose all’italiana: “Non preoccupatevi, poi quando scriverò il rapporto si ristabilirà il vero vincitore”. I grifoni, rassicurati, non rientrarono nemmeno in campo per i supplementari. E così, la federazione, il cui vicepresidente era il gerarca fascista Arpinati, sfegatato bolognese, si vide arrivare due reclami, quello del Genoa sulla legittimità del risultato del campo, quello del Bologna che non poté disputare i supplementari. La decisione salomonica non poteva essere altro che un nuovo spareggio: stavolta a Torino, il 5 luglio, stadio militarizzato e partita che termina 1-1. Alla stazione di Porta Nuova succede però un evento tragico, preceduto da uno comico. I due treni carichi di tifosi erano predisposti su due binari paralleli, divisi da un treno merci che li ostacolasse e li nascondesse alla vista. A un certo punto, come in un film comico degli anni ’30, il treno merci si muove, e le due tifoserie si ritrovano a fronteggiarsi. È questione di un attimo, vengono alle mani, ci sono anche dei feriti da colpi di pistola.  
Scoppia il finimondo in tutte le sedi, come tuttora accade: in sede politica, in sede federale e anche nell’opinione pubblica. Vengono cambiati i vertici dirigenziali, e indetto ovviamente un nuovo spareggio dopo lunghe battaglie legali e polemiche. L’assurdità, che reputiamo ancora una volta ricorrente alle nostre latitudini, è che la quinta e finalmente decisiva partita si disputò a porte chiuse, alle 7 del mattino del 9 agosto, a Milano, in una sede tenuta segreta sino all’ultimo. Per la cronaca, vinse il Bologna 2-0, lasciapassare per la formalità della finalissima contro l’Alba giocata nello stesso mese d’agosto.
Se fosse una favola a lieto fine potremmo concludere in questo modo: e fu così che il Bologna conquistò il suo primo scudetto in una stupenda giornata di sport e lealtà. Come abbiamo invece visto, molti aspetti si rivelano abbastanza inquietanti anche a distanza di anni: come il pensare che già all’epoca il calcio fosse preda ambita di ambizioni politiche, guerriglie tra tifosi, intervento massiccio delle forze dell’ordine, partite interrotte o giocate a porte chiuse per i disordini degli spettatori (ricorre facile il pensiero alla partita interrotta ieri a Busto Arsizio). 
L’ultimo pensiero va a chi assisterà alla partita di domenica: quanti si ricorderanno di quell’eterno confronto di 88 anni fa? Se qualcuno se ne ricorderà, ne farà tesoro o pretesto per accendere ulteriore rivalità?


giovedì 3 gennaio 2013

Enos su Bibelot


Sul numero 3(2012) di Bibelot è uscito un articolo che ho scritto qualche mese fa sul presidio dei Bibliotecari Resistenti davanti alla BNCF, e che si trova al link:


BiblioPride 2012: Libri liberi libri di tutti

di Enos Mantoani
Sabato 13 ottobre 2012, davanti alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, alcuni bibliotecari toscani hanno organizzato un presidio pomeridiano con lo scopo di sensibilizzare quante più persone possibile sui rischi che stanno correndo le biblioteche in Toscana e, più generalmente, in Italia, ma soprattutto per sottolineare i pericoli che potrebbero correre alcuni dei diritti democratici fondamentali dei cittadini, pericoli che derivano dalla sempre minor quota di sovvenzioni alla cultura e, in particolare, alle biblioteche. Il presidio è stato concepito e voluto all’interno della cornice nazionale del Bibliopride, manifestazione organizzata dall’Associazione Italiana Biblioteche.
Al di là delle iniziative organizzate da molte biblioteche toscane, l’intenzione è stata quella di organizzare un evento che desse un segnale, che proponesse alla cittadinanza degli spunti di riflessione e, non ultimo, fosse volto ad informare della situazione in cui versano alcune realtà bibliotecarie regionali.
Per fare questo, i promotori si sono organizzati in un gruppo che ha preso il nome di “Bibliotecari resistenti toscani”, significando così la volontà di riaffermare il diritto di tutti all’informazione riprendendo una ormai già celebre frase di Stéphane Hessel secondo cui “Resistere è creare, creare è resistere”. La convinzione dunque è che sia necessario non solo resistere a una visione del mondo della cultura che sembra sempre più ristretta e limitativa, ma che sia necessario anche creare: creare, con fantasia e passione, nuovi modi di concepire le biblioteche e i bibliotecari in un tempo di crisi economica e politica, e creare nuove modalità di comunicazione e compartecipazione con utenti e società civile.
Formatosi inizialmente solo con lo scopo di organizzare il presidio, il gruppo dei Bibliotecari resistenti è riuscito a coinvolgere non solo operatori delle biblioteche, ma anche associazioni di lettori e di utenti, sindacati, associazioni culturali e privati cittadini. In poco tempo e tramite un fitto passaparola si sono definiti inoltre scopi che andranno al di là del singolo evento e di cui diremo più sotto.
Il pomeriggio davanti alla Biblioteca Nazionale fiorentina è stato simbolicamente significativo nei contenuti e nei modi. Innanzitutto a partire dal titolo dato al presidio, “LIBRI DI TUTTI, LIBERI TUTTI – Le Biblioteche sono un Bene Comune: difendiamole!”, con cui si è cercato di portare l’evento fuori dalla biblioteca e lontano dalla prassi che in Italia vuole le biblioteche e i bibliotecari spesso nascosti ai cittadini, creando una sorta di distacco, se non di incomprensione di quello che sono le biblioteche e di quello che è il lavoro e il ruolo del bibliotecario. Ecco perché il presidio si è svolto fuori dalla Biblioteca Nazionale, luogo altamente simbolico già di per sé; l’essere fuori da una biblioteca, sugli scalini e in piazza Cavalleggeri, è stato il segno visibile di un contatto da ricercare con la città e con i cittadini. Biblioteca = Bene Comune era ben evidenziato in uno dei cartelli appesi alla cancellata della Nazionale perché sempre più spesso gli utenti, per non parlare di chi non conosce e frequenta le biblioteche, non hanno la consapevolezza che in biblioteca si esercitano diritti (e doveri) ed è quindi un sacrosanto diritto pretendere che gli amministratori siano buoni amministratori, possibilmente lungimiranti e attenti alla salvaguardia e alla promozione del patrimonio materiale e umano.
Per questo le persone che sono intervenute hanno usato il megafono per parlare pubblicamente e per denunciare quattro casi di discutibile gestione di biblioteche, di risorse umane e di risorse finanziarie:
- la Biblioteca della Giunta regionale della Toscana, che verrà accorpata a quella del Consiglio senza alcuna previsione certa di dove andrà parte del materiale, visto che lo spazio per accogliere entrambe non è stato preventivato, né di dove sarà ricollocato parte del personale.
- la Biblioteca dell’Istituto degli Innocenti di Firenze, che nell’arco di pochi giorni della scorsa estate si è vista ridurre della metà il personale, con quattro persone licenziate dalla ditta incaricata della gestione dei servizi e con un collaboratore dell’Istituto a cui non è stato rinnovato il contratto.
- la Biblioteca Universitaria di Pisa, di cui è stato letto l’appello dei lavoratori che richiedono certezza nella gestione di un trasloco che si presenta difficile e contraddittorio.
la Biblioteca fiorentina di viale dei Pini, sede storica della Biblioteca pubblica dell’Isolotto, chiusa in seguito all’apertura della nuova struttura in Via Canova, la quale struttura, però, secondo il comitato dei cittadini residenti nel quartiere, non riesce a soddisfare le esigenze di alcune fasce della popolazione come gli anziani e i ragazzi in età delle scuole elementari e medie inferiori.
Inframmezzate da letture di poesie e di narrativa, di aforismi sulle biblioteche e sulla lettura, si è letto anche il Manifesto UNESCO sulle biblioteche pubbliche per ribadire come sia importante considerare la Biblioteca un imprescindibile servizio pubblico, per dare il giusto rilievo al ruolo delle biblioteche nella vita delle città, per sottolineare il fondamentale apporto delle biblioteche come garanzia del diritto di accesso all’informazione e per cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla tutela dei diritti dei lavoratori precari nelle biblioteche. Quest’ultimo punto sarà vitale per il ruolo che le biblioteche riusciranno a rivestire nei prossimi anni perché il ricorso ad una selvaggia esternalizzazione dei servizi non riuscirà, come si sta già dimostrando, né a ridurre significativamente i costi di gestione, né a migliorare il servizio bibliotecario, nonostante l’alta specializzazione che spesso i dipendenti delle cooperative dimostrano di avere. Infatti, chi può davvero curare con profitto e con una programmazione oculata un bene pubblico senza avere almeno una minima certezza di continuità del proprio lavoro?
Poco importa, alla fine, se c’erano più manifestanti presidianti, circa una trentina, che passanti che si fermassero; e per lo più si fermavano turisti stranieri (forse segno di un certo disincanto di cui gli italiani ormai dimostrano i sintomi?). Si è esercitato comunque un diritto/dovere (quello di manifestare le proprie idee) ed è stato davvero un momento di orgoglio bibliotecario, per richiamare il titolo della manifestazione indetta a livello nazionale.
Registriamo infine un certo risalto dato dalla stampa e dalle tv locali. A nostro modo di vedere è una carta che i bibliotecari potrebbero giocarsi ancora meglio di quanto già facciano per far conoscere il proprio ruolo e le biblioteche in cui lavorano.

CONSIDERAZIONI SUGLI SCOPI DEI BIBLIOTECARI RESISTENTI
Nelle discussioni preparatorie all’interno del gruppo dei Bibliotecari Resistenti in vista del presidio, sono affiorate alcune istanze che si sono tradotte in finalità che i membri hanno voluto darsi. Prima di tutto è sembrato fondamentale proporsi come punto di raccolta delle criticità che si riscontrano a livello politico e amministrativo in molte realtà bibliotecarie toscane. Ovviamente senza volersi sostituire alle associazioni già esistenti, prime fra tutte l’AIB, ma anzi collaborando con tutti i soggetti professionali, è emersa l’esigenza di aprirsi nella maniera più ampia possibile ai cittadini e alle associazioni e organizzazioni che sono interessate alla salvaguardia e alla promozione del ruolo della cultura nella società.
Per fare questo si è creato un blog che si trova all’indirizzo http://bibliotecariresistenti.blogspot.it/ e una pagina Facebook già molto attiva: http://www.facebook.com/bibliotecariresistenti. Tramite i suddetti strumenti tutti possono segnalare problemi e situazioni critiche di biblioteche e istituzioni culturali e in più seguire l’evolversi di tali criticità nel tempo. Questi però sono solo un mezzo per raggiungere la più ampia gamma possibile di interlocutori, al fine di potersi incontrare e organizzare eventi simbolici in luoghi possibilmente esterni fisicamente alle biblioteche eppure fondamentali per le biblioteche stesse, come lo sono le piazze e come lo possono essere altri spazi rappresentativi di una città.
Fondamentale sarà poi l’attenzione alle condizioni dei lavoratori nelle biblioteche. Soprattutto in questi anni, l’essersi rivolti in maniera poco oculata a cooperative o comunque a contrattazioni precarie ha già portato non solo disagi nelle vite degli impiegati e nelle condizioni di esercizio della professione, ma anche a un servizio non idoneo per gli utenti delle biblioteche. Non è certo colpa delle cooperative, che anzi hanno il merito di coordinare gli interventi dove vi è la necessità e di offrire anche professionalità altre rispetto ai soli bibliotecari; si mette piuttosto in discussione il fatto che anch’esse siano vittime di precarietà, di corse al ribasso delle offerte negli appalti e di mala programmazione e gestione da parte dei dirigenti amministrativi. Loro stesse non possono programmare e programmarsi nella maniera migliore e quindi non riescono ad esprimere completamente il loro potenziale. Tutto questo non può non ripercuotersi sul tempo e sulla passione che alla fine gli operatori impiegano nel servizio che prestano. Ecco perché il gruppo è aperto alle organizzazioni dei lavoratori, di tutti i lavoratori, e, anzi, ne sollecita il contributo.
Tutte queste istanze sono mosse dalla convinzione che davvero le Biblioteche siano un Bene Comune, pertanto diventa necessario e fondamentale stimolare la partecipazione della collettività nella difesa e nella corretta gestione delle biblioteche stesse, per uscire dalle dinamiche che alcune volte si riscontrano nelle discussioni tra gli addetti ai lavori italiani e che hanno portato a una sorta di distacco, certo non voluto, tra le biblioteche e chi dovrebbe realmente esserne il destinatario.



hanno invece messo il mio profilo:

Profili

Enos Mantoani


Mi sono laureato nel 2008 in Conservazione dei Beni Culturali, indirizzo Beni archivistici e librari, presso l’Università degli Studi di Udine, discutendo una tesi dal titolo “Gli incunaboli della Biblioteca Civica di Udine Vincenzo Joppi”. Durante gli studi ho svolto due tirocini in due biblioteche estere della durata di cinque mesi l’uno, a Leiden (NL) e a Leeds (UK), e ho lavorato presso alcune cooperative archivistiche tra Veneto e Friuli. Con due istituti di cultura friulani ho inoltre collaborato alla redazione di alcune bibliografie.

Dopo la laurea ho avuto la possibilità di fare un tirocinio di un anno presso la Biblioteca dell’Istituto Universitario Europeo di San Domenico di Fiesole; al termine del quale mi sono fermato in Toscana lavorando per un anno e mezzo con l’azienda Casalini Libri di Fiesole, curando il rapporto commerciale con gli editori e lo sviluppo della piattaforma di contenuti digitali Torrossa.

Da gennaio 2011 al 31 luglio 2012 ho collaborato con l’Istituto degli Innocenti di Firenze in qualità di Documentalista, incaricato del reperimento e della catalogazione della produzione digitale ed elettronica inerente alle tematiche proprie della Biblioteca dell’Istituto.

Da settembre a dicembre 2012 lavoro presso l’Archivio Storico della Città di Firenze, impiegato nella digitalizzazione di alcune serie archivistiche. Nell’ottobre di quest’anno sono stato tra i primi aderenti a un gruppo spontaneo di bibliotecari e di operatori del settore che si è dato il nome di Bibliotecari Resistenti, per il quale ho creato un blog e una pagina facebook. Il gruppo si propone non solo come punto di raccolta delle situazioni critiche delle biblioteche e dei bibliotecari regionali, ma anche come veicolo di informazione di queste situazioni verso la cittadinanza.

Mi si può contattare: enos.mantoani@gmail.com
Skype: enos_mantoani
Il mio blog personale: http://bibliotennista.blogspot.it