mercoledì 29 aprile 2015

Viaggio di nozze - giorno 8: da qualche parte dopo Monte Santa Maria Tiberina - da qualche parte prima di Umbertide

Mentre Carmela, la meravigliosa cuoca e fac totum napoletana dell'agriturismo dove abbiamo dormito ci prepara dei muffin da urlo e una colazione degna di Ciacco, noi ci alziamo con la calma dei forti e ce la prendiamo con calma. Pure troppa. Tanto che alle 10 siamo ancora a giro sulla jeep della proprietaria che, mentre ci racconta la sua filosofia di vita e il suo odio verso le crociere, ci accompagna provvidenzialmente a fare un bancomat in località Gioiello. Poi ci prepara anche i panierini con il pranzo ed è un vero dispiacere salutarla, ma il dovere chiama! Il piacere un po' meno, visto che nel frattempo ha iniziato a piovere fitto fitto.
La cosa più noiosa è proprio il partire con la pioggia, ma quattro gocce non ci fermeranno. Ci rallentano tanto però, perché su questi sentieri umbri l'argilla la fa da padrona e in salita facciamo un passo avanti e due indietro, in discesa dobbiamo tenerci aggrappati ai rami e Sab è bravissima a camminare comunque con le scarpe da ginnastica, anche se sembra un paperotto travestito da Maga Magò. Tocchiamo la folle velocità di 25 min al chilometro.  Praticamente la velocità della tartaruga marina su terraferma.  Lenti e inesorabili, mentre la pioggia aumenta consistentemente andiamo avanti sereni dentro, quando, all'improvviso, le mie gambette alla Bobby Orr si fanno di ricotta molle perché un ringhio che non attribuiamo a un cane risuona nei pendii, proprio mentre stavamo cercando di ricordare cosa viene dopo: 'Piove su le tamerici salmastre e arse'. Io sono straconvinto fosse un lupo, la consorte un cinghiale: a scanso di equivoci iniziamo a cantare a squarciagola I'm singing in the raiiiin, just siiiinging in the rain, dear wolf leave us alone, and we are happy againnnnn..
Dice che i lupi di giorno guardino l'uomo ma non lo attacchino e noi ardentemente lo speriamo. Per precauzione metto comunque il coltello a serramanico in tasca (per tagliare la corda al più presto possibile). D'altra parte siamo vicini a Città di Castello ululì e lupo ululà.
A Dio piacendo arriviamo in cima a una collina scoprendo l'esistenza di un santuario famoso (Canoscio) ma di una pacchianeria ottocentesca non indifferente, tanto da avere un comodo dispenser di acqua benedetta in tanica di plastica cinque litri accanto all'altare.
Scappiamo subito e scendiamo colline su colline mentre io mi devo fermare ogni 10 passi a fare pipì, penso che l'acqua piovana ormai mi entri in corpo per osmosi. Anche in pianura, speranzosi di aumentare l'andatura, ci ritroviamo a pattinare come Carolina Kostner (la moglie) e come Schwazer senza doping (lo scrivente). Però quando anche le pozzanghere ti fanno le faccine è tutto un altro andare..
Dopo 4 ore di navigazione arriviamo in una ridente località industriale per consumare il nostro pranzo al sacco bagnato in una comoda panchina di marmo. C'è però il paradossale problema che abbiamo poca acqua con noi e Sabrina non si smentisce chiedendo al boss della mala locale dai denti d'oro e dal fare loschissimo dove possiamo trovare un rubinetto per l'acqua potabile. Lui risponde chiedendoci se è per bere con un vocabolo solo ('ape?') e se ne va con le nostre bottigline ormai ridotte a dei cenci e se ne ritorna dopo 10 minuti con le suddette bottigline e  una comoda bottiglia di 1,5 litri che non sappiamo proprio dove infilare nello zaino. Per concludere il simpatico incontro ci chiede: 'come chiama tu?'. Assolte le formalità ce ne dipartiamo per gli ultimi cinque km mancanti che risultano belli e impossibili in pendenza non trascurabile. Inseguiti da un cane con un occhio di vetro guadagniamo la vista di borghi deliziosi e rileccati per poi scendere verso il nostro agriturismo serale che si chiama Alpaca. Io sento già effluvi alpachiani, ma poi scopro che i simpatici animaletti non odorano tanto, io invece sì, di pellegrino bagnato e sudato.
Scopriamo altresì che la signora che ci ospita si chiama Noemi come la mia nipotina e che è carnica di Cleulis. Dopo la doccia agognata Sabry fa la bella lavandaia (grazie grazie!) e stendiamo nel giardino di questo posto da favola. Indi andiamo a conoscere Gianni il proprietario e scopriamo che è stato uno dei primi a investire negli alpaca e ci porta a conoscerli tutti uno ad uno (Romeo, Fabio, Fiorella, etc etc) e a dare il biberon a Edith, una capretta orfana che ci ricorda tanto Shaun the Sheep (caprette e agnellini si assomigliano, anche se è vero che in giornata ho scambiato un gracidar di rane prima con un verso di uccelli e poi con un belar di pecore). Il tempo di dar da mangiare agli alpaca, mentre la dolce consorte ha pensato ottimamente (ma non aveva più scarpe di ricambio) di scendere con le infradito, di ammirare i loro maglioni bellissimi e naturali, e ancor più di visitare le loro case in affitto ristrutturate con tanto gusto, che si fa l'ora di cena. Sab e io siamo ospiti di Noemi, che ci racconta la sua vita (tutta) e poi è bello veder tramontare il sole tra le colline e gli ulivi e ci viene quasi voglia di cambiare stile di vita.. Se qualcuno volesse proporci qualcosa, non si periti...

Malattia del giorno: tosse pertosse, tosse al quadrato.

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