TENNIS - Il tennis è uno sport soprattutto mentale. E molti giocatori sono troppi fragili mentalmente, anche se tecnicamente preparati. Spesso si confondono queste due qualità e nascono degli equivoci... vedi Hana Mandlikova. Tanti la ricordano così, però vinse 4 Slam nell'epoca di Evert e Navratilova...e poi ha fatto vincere Wimbledon alla Novotna.
Ve l'immaginate?
Il sogno di una vita!
Finalmente, dopo anni di sogni, sforzi, imprecazioni, lacrime e sudore scendete in campo a Wimbledon.
La/il vostra/o fidanzata/o a bordo campo, l'allenatore, qualche parente
(fratello scettico compreso), il migliore amico; l'altro angolo al
completo che vi guarda con un misto di disprezzo e apprensione.
Spettatori comuni, intenti a sorbirsi panna e fragole.
I raccattapalle. I giudici che entrano in impettita schiera. Qualche
fotografo che passa di lì. Italiano se del caso. Ubaldo, Tommasi o
Clerici che passano a dare un'occhiata. Inframmezzati a manager,
pubblicitari, arrivisti, etc...I primi palleggi di riscaldamento, il
sorteggio, siete pronti alla battuta. "Play"! Vi passa davanti agli
occhi mezza vita, è la vostra occasione. Se poteste fermarvi un attimo
cosa pensereste? Conoscendomi, mi metterei a ripetere "non fare doppio
fallo, non fare doppio fallo". Che immancabilmente è il modo migliore
per effettivamente farlo, il doppio fallo.
Dev'essere andata più o meno così alla de Amorin, brasiliana,
che nel 1957 si presentò ai cancelli di Church Road... Contro
l'olandese Thung giocava il primo turno e di certo non era rilassata
visto che al primo game fece quattro doppi falli, al secondo
idem, al terzo pure e al quarto anche. Al quinto, dopo il primo doppio
fallo, la palla finalmente entrò in campo. Scherzi del braccino...
Certo, dopo un avvio così, è dura vincere una partita, e infatti perse
6-3 4-6 6-1. Certo, lei era una ragazza degli anni Cinquanta, forse un
po' troppo timida e non un bamboccio viziato, come ora, sembra, da quel
che si racconta, si trovano girando i circuiti. Anche se un po' di
sfrontatezza in queste occasioni non fa di certo male...
Ad esempio, l'altra sera, guardando gli Open di Miami il commentatore ha raccontato di Philipp Petzschner (se non ricordo male) che da quindicenne o giù di lì, arrivato sul campo di allenamento della federazione tedesca, si stupì e
si lamentò del fatto che non ci fossero i raccattapalle a raccogliere e
porgergli le deliziose palline gialle...Una campionessa del tennis
tacciata di fragilità emotiva (con qualche ragione apparente, ma
fondamentalmente a torto) è stata Hana Mandlikova.
Per sapere da dove viene vi dico che una volta fece da raccattapalle a
Martina Navratilova allo Sparta club. Crebbe dunque con davanti a sé il
pianeta Navratilova. In un primo tempo ebbero una relazione
conflittuale, che poi però sfociò anche in un legame (non penso fossero
propriamente “amiche”, piuttosto, io m’immagino, fosse una relazione
d’amore-odio) che le portò a vincere assieme nel 1989 gli US Open in
doppio.Con Martina condivideva un gioco spumeggiante, fatto di velocità, di attacchi piatti di diritto con volèe micidiali.
Di Martina fu alle volte bestia nera e a volte preda. Come lo fu di
Chris Evert. Ebbe una certa sfortuna nell’affermarsi in quel periodo
chiuso dalle due gigantesse del tennis. Le lasciarono niente di più
della terza posizione nel ranking e “solo” quattro Slam, uno dei quali,
US Open del 1985, la vide prendersi il lusso di battere la Evert nelle
semi e la Navratilova in finale (a proposito della discussione che su
questo sito verteva su chi e come abbia battuto numeri uno e due della
sua epoca in un torneo).
Dopo essersi ritirata nel 1990 a soli 28 anni a causa di troppi
infortuni che le segnarono continuamente la carriera, la Mandlikova, che
presa la cittadinanza australiana (come Martina, ma agli antipodi,
insomma) è diventata coach di Jana Novotna portandola a vincere quel Wimbledon che ha sempre inseguito senza agguantarlo.
Più sopra dicevo che spesso è stata indicata come modello di una
giocatrice di grande talento, ma di fragile consistenza mentale. Da quel
che di lei ho letto (tanto) e da quel che ho visto (poco), mi sento di
confutare, per quel che vale, questa tesi per tre motivi:
1. Il suo talento eccezionale la portava (come alcuni dicono di
Federer) a fidarsi troppo del suo talento e così ad apparire quasi
svogliata.
2. Il suo gioco era così spumeggiante e rischioso che se non
supportato da una eccezionale forma fisica e mentale è impossibile da
sostenere per lungo tempo.
3. Come abbiamo visto, dovette confrontarsi con due geni del tennis
in senso assoluto che le preclusero alcuni successi che pur avrebbe
meritato.
Mentre può essere vero che a volte le mancò il talento o l’abilità o la fortuna di scegliere la soluzione giusta nel momento giusto.
Pubblicato su Ubitennis il 4 aprile 2011
http://www.ubitennis.com/sport/tennis/2011/04/04/484892-equivoco_mandlikova.shtml
http://www.ubitennis.com/sport/tennis/2011/04/04/484892-equivoco_mandlikova.shtml
Nessun commento:
Posta un commento