TENNIS - Tennis e Moda: un binomio solo dei nostri tempi? Come si è sviluppato il commercio legato al tennis (o viceversa) e da quali stimoli era inizialmente partito? Da Lacoste alla Sharapova passando da Anne White (chi?) e da Agassi. Le polo griffate col coccodrillo, ma anche le prime macchine sparapalle. E poi: sapevate chi è stato il primo a scendere in campo con i pantaloncini corti?
Nella storia del tennis c'è un solo coccodrillo: René Lacoste.
Tutti conoscono il brand Lacoste per le linee d’abbigliamento, i più
ferrati in materia (come i nostri amici di Ubitennis) sanno anche che fu
un grandissimo giocatore.
Meno persone sanno che nell’epoca in cui Lacoste giocava e iniziava a
pensare alle polo con il coccodrillo impresso a caldo, c’era un altro
giocatore, bravo (tre finali negli Slam) che aveva in mente
l’innovazione tecnica e d’immagine del nostro amato sport: Henry Wilfred
“Bunny” Austin.
Fin dalle sue origini il tennis si è caratterizzato come uno
status symbol. Di conseguenza ha imposto delle regole distintive a
partire proprio dall’abbigliamento. Alcune di queste regole sopravvivono ancora oggi: tutti sanno, ad esempio, che a Wimbledon i giocatori e le giocatrici si devono vestire prevalentemente di bianco.
Da quando però la moda è passata da essere elemento di distinzione ad
avere potenzialità commerciali, ecco che l’abbigliamento è guidato
sapientemente anche dal mercato, che lo ha fatto diventare ancor di più
uno status symbol. Esempio: chi veste Adidas (tanto per non far nomi)
non vede di buon occhio chi veste Nike, e così via… Ancor di più, nel
campo delle racchette chi sceglie una marca lo fa spesso per imitazione
del proprio campione preferito, o sceglie anche “contro”: quanti
federeriani comprerebbero Babolat?
Questo meccanismo affonda le proprie radici negli anni ’20 e ’30 del
Novecento quando alcuni ottimi giocatori, dal notevole carisma,
iniziarono a innovare qualche aspetto dell’abbigliamento e degli
strumenti utilizzati sui campi da tennis. Tra le donne, Suzanne
Lenglen accorciò le lunghissime gonne d’ordinanza per potersi muovere
meglio e “danzare” volteggiando e saltando nelle partite. Lacoste, oltre
alle magliette e al lob carico di top spin inventò anche la prima
macchina spara palline (quella che Agassi nella sua recente autobiografia definisce il dragone: si veda la traduzione per Ubitennis di Alessandro Mastroluca.
Bunny Austin fu invece il primo ad indossare i pantaloncini corti! Un
elemento ora scontato per tutti, ma che non lo era di certo nella sua
epoca.
Ecco, tutte queste novità erano dettate essenzialmente dalla volontà
di migliorare il proprio gioco. Certo, a loro modo fecero scandalo nel
nostro piccolo mondo della racchetta, ma nacquero per amore del tennis; e
come tutti gli amori che escono dalle convenzioni della propria società
non possono creare altro che scandalo.
Invece, nella seconda metà del Novecento, molte mode
introdotte sono state fonte di indignazione, ma la grande differenza con
i tempi “pioneristici” è che crearono scandalo solo per il gusto della
provocazione. Quasi fosse fine a sé stesso o, nel peggiore dei
casi, fosse guidato da una strategia commerciale. Ora vediamo tutto ciò
in maniera evidente, e ormai ce ne siamo quasi fatta l’abitudine.
Tutto ciò è frutto di un lungo processo che chiaramente non è
limitato al mondo della racchetta, ma coinvolge tutti gli altri ambiti
della nostra società.
Nella prossima puntata cercheremo di vedere qualche episodio che riteniamo indicativo di questo processo.
Pubblicato il 14 dicembre 2010 su Ubitennis
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