TENNIS - Vediamo come si è sviluppato il rapporto tra moda e tennis dall'epoca dei pionieri ai giorni nostri. Un tempo fecero scandalo i pantaloni corti di Bunny Austin, mentre oggi è tollerato praticamente ogni eccesso. L'unica eccezione riguarda il "sacro" bianco di Wimbledon, che nel 1985 Anne White provò a sfidare con un improponibile costume...bandito nel breve arco di una notte!
Come anticipato la scorsa settimana, oggi
ripercorreremo qualche episodio della storia del tennis che coinvolge il
business e alcune innovazioni del nostro sport legate al commercio e
alla moda.
Iniziamo con l’archetipo di tutti i tennisti che si danno alla moda: René Lacoste
(1904-1996); un fuoriclasse, 7 slam in singolare e due Davis,
ritiratosi per motivi di salute a soli 25 anni all’apice della carriera.
Fu il primo giocatore ad allenarsi metodicamente per supplire a un talento tennistico che era grande, ma non eccelso:
per questo inventò la prima macchina spara palline. Le sue doti
principali sul campo erano la regolarità, l’intelligenza, la tenacia:
ecco perché il soprannome di Coccodrillo gli calzava a pennello. Il
marchio nacque per una scommessa con il suo Capitano di Davis che gli
promise una valigia di coccodrillo se avesse vinto una partita
importante; iniziò poi a portare un coccodrillo ricamato nelle divise
con cui scendeva in campo. Dal 1933 iniziò la carriera
nell’abbigliamento che lo rese famoso in tutto il mondo; a lui
si deve l’uso diffuso delle maniche corte invece delle lunghe maniche
fino ad allora consuete e l’uso di una marca ben visibile nelle
magliette. Ancora più importante è la sua invenzione del 1963: la prima
racchetta in acciaio che in America era distribuita dalla Wilson. Della differenza delle racchette di legno con quelle d’acciaio disse alla presentazione della Wilson T2000 nel 1967:
“Non importa quanto ben fatta sia una racchetta di legno: non ce ne
sono due uguali. C’è sempre una differenza di tocco o di bilanciamento.
Con l’acciaio è possibile produrre racchette che concordano nelle più
piccole specifiche”.
A lui contemporaneo fu Henry Wilfred “Bunny” Austin,
elegante tennista inglese, finalista di tre Slam tra il 1932 e il 1938.
Fondamentale il suo contributo alla nazionale inglese che con Fred
Perry vinse la Davis Cup nel triennio 1933-1935. Parliamo di lui in
questa paginetta perché è entrato negli annali come il primo tennista ad
indossare i pantaloncini corti! Accadde nel 1932 a Forest Hills. Il
suo coraggio però di indossarli a Wimbledon di fronte alla Regina Mary
(ultraconservatrice) fu straordinario e avvenne nel 1933. Dopo qualche
minuto di imbarazzo la Regina comunque si sedette e guardò il match fino
in fondo… “Coniglietto” Austin (era infatti soprannominato
Bunny dal personaggio di un fumetto dell’epoca) fu anche lui attratto
dalla tecnologia al servizio del tennis: per qualche tempo giocò infatti
con una racchetta che aveva un manico a tre segmenti e che era
concepita per favorire l’aerodinamicità dello strumento e la
manovrabilità da parte del giocatore. Quel modello fu utilizzato
praticamente solo da lui, non ebbe infatti molta fortuna, ma testimonia
che in quell’epoca ci fu una grande e innovativa spinta tecnologica e,
come detto, di una moda concepita per favorire il comfort dei giocatori.
Niente a che vedere con le novità modaiole degli ultimi 30-40 anni quando sembra che le innovazioni siano solo il frutto di una aggressiva strategia commerciale e pubblicitaria. Oppure del cattivo gusto, fate voi. Che dire ad esempio del sobrio costume di Anne White?
Siamo nel 1985 e White incontrava Pam Shriver nel campo n. 2 di
Wimbledon presentandosi vestita con una tuta attillata completamente
bianca (nomen omen). Dopo il secondo set la partita venne interrotta per
oscurità, ma alla ripresa, nel giorno seguente, Anne indossava un
normale completino comune all’epoca. Cos’era successo? Che i
giudici di Wimbledon bandirono quel tipo di costume come “non
tradizionale”; d’altra parte bisogna dire che ESPN elesse quel
completino “il peggiore del secolo”. Non tutte le scelte coraggiose e
controcorrente pagano…
Anche Agassi, soprattutto nella prima parte della carriera, era
animato dalla voglia di stupire il mondo con il suo tennis e,
soprattutto, con il suo look. Tanto da far dire a Lendl che Agassi,
allora diciassettenne, era: “A haircut and a forehand”. E tutti ci
ricordiamo i suoi completini e il suo essere testimonial privilegiato e
ambitissimo di una nota marca d’abbigliamento sportivo.
Forse proprio con lui si è passati a un modello di
commercializzazione e di uso dell’immagine molto più aggressivo e
ossessivo che ci ha portati a dove siamo ora.
Molti top players hanno ormai linee d’abbigliamento o comunque di prodotti legati alla moda: da
Federer con la sua linea di cosmetici alla Sharapova e alle sorellone
Williams, per citare i casi più noti. Sembra quasi di essere tornati
indietro nel tempo, con i giocatori a creare le proprie linee di moda,
come il nostro Sergio Tacchini o come il modello di tutti, Lacoste.
Rimane forse una differenza, piccola e sostanziale che si può
riassumere nel giudizio di Bill Tilden su Lacoste e che differenzia
molti tennisti di quell’epoca con i colleghi che oggi si lanciano nel
mondo della moda: “Nella perfezione dei suoi colpi è una macchina… Ma, più di questo, egli è un affascinante e colto gentleman”.
Pubblicato il 21 dicembre 2010 su Ubitennis
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