TENNIS - Come ad ogni Wimbledon in cui un giocatore inglese ha una seppur infinitesimale chance di vittoria risuona questa frase : “Dai tempi di Fred Perry…”. Chi era però Fred Perry? A voi un breve profilo di uno dei più grandi giocatori di sempre, capace di vincere tutti e quattro gli Slam prima di diventare pro, chiedere la cittadinanza americana e inventare il brand omonimo…
Alle volte gli inglesi mal sopportano i compatrioti
tennisti (si sa che Murray è inglese quando vince e scozzese quando
perde), altre volte i tennisti inglesi mal sopportano il proprio
pubblico e l’abbandonano. Continuamente i britannici ricordano
Fred Perry come l’ultimo dei loro grandi tennisti; difficilmente
ricordano come questi, passato al professionismo, chiese la cittadinanza
americana perché oggetto di continue critiche.
Andiamo però con ordine…
Frederick John Perry (Stockport, 18 maggio 1909 – Melbourne, 2
febbraio 1995) nasce da un operaio che poi diventerà sindacalista e si
trasferirà a Londra dove il giovane Fred conoscerà l’esistenza del
tennis, soprattutto vedrà che fuori dai circoli ci sono molte auto di
lusso. Non è figlio dell’alta società dunque, perciò il tennis
sarà per lui anche un mezzo per ambire a una sorta di scalata sociale, e
che scalata…All'età di soli 19 anni diviene campione del mondo
di tennis tavolo (a Budapest, 1929). Lascia il ping-pong per il tennis e
si porta con sé un gesto tecnico che lo doterà di un gran dritto
lavorato con il polso e la ricerca della palla che lui colpiva nella sua
parabola ascendente (all’epoca una cosa assai innovativa).
Il padre gli concesse un anno per capire se poteva sfondare nel
tennis. Ed egli ci riuscì grazie, come detto, al dritto (con il rovescio
se la cavava giocando al 90% in back con un movimento cortissimo) e
soprattutto grazie al suo fisico. Era veloce, di rapidi riflessi e, cosa rara, manteneva la propria condizione atletica allenandosi con i calciatori dell’Arsenal.
Un’altra caratteristica che gli diede un’ulteriore spinta verso il
successo mondiale è stata la voglia di arrivare (forse perché proveniva
dalla working class), alle volte anche a dispetto della sportività. Spesso cadeva nella sbruffoneria, nell’egocentrismo, nella velata provocazione che mandavano in tilt il cervello degli avversari.
Ad esempio, alla fine di ogni incontro vinto era solito saltare la rete
per stringere la mano all’avversario per sottolineare come lui non
fosse affatto stanco (ricorda il Courier dell’autobiografia di Agassi,
che andava a fare jogging dopo le partite di tennis); un’altra volta
colorò di bianco la sua racchetta per dar fastidio all’avversario; una
volta entrò negli spogliatoi dichiarando: “Per fortuna oggi non devo giocare contro di me…”; etc...
Per quattro anni fu numero uno al mondo, totalizzò otto vittorie nei
tornei del Grand Slam, dei quali tre consecutivi Wimbledon: 1934, 1935 e
1936. Fu il primo a vincere tutti e quattro gli Slam (non nella singola annata) e
dal 1933 al 1936 fu nella squadra di Davis britannica (insieme, tra gli
altri, a Bunny Austin) che riuscì a interrompere il dominio francese
iniziato con i Quattro Moschettieri e a riportare dopo più di vent’anni
la Coppa Davis tra le braccia della Corona inglese. Tutto a gonfie vele
sembrerebbe, ma non tutto è oro quel che luccica… Anzi, ai dilettanti
come Perry, di tutto quel luccichio non toccava neppure una sterlina…
Per di più dovette rifiutare un contratto con il cinema e, orrore, anche
un contratto di sponsorizzazione.
I tempi erano maturi per passare al professionismo (1937), anche se
questo costò le critiche di tutto l’estabilishment britannico. Per dire
il suo carattere e di quali erano le critiche: quando divenne
ufficialmente professionista, un funzionario della International Lawn
Tennis Club of Great Britain gli scrisse per informarlo che non avrebbe
più dovuto indossare la divisa del club. Perry “per rassicurare il
club che non avevano nulla di cui preoccuparsi da questo punto di vista,
ho mandato loro una manica come regalo”…
Emigrò dunque negli USA con un contratto fattogli firmare da Bill Tilden.
Già che c’era chiese pure la cittadinanza statunitense e iniziò a
confrontarsi con Vines, il vecchio Tilden, e più tardi con Don Budge,
che li raggiunse dopo aver fatto il Gran Slam. Giunse quindi la
Seconda Guerra mondiale che Perry combatté da arruolato nell’esercito
statunitense. Fred Perry era spesso sotto i riflettori per molteplici
affaires amorosi. Diverse attrici si contesero il bel Fred, tra cui
Bette Davis e Marlene Dietrich (com’era tennista moderno anche in questo
campo!). Finalmente, al quarto matrimonio, con Barbara Rise Friedman,
Fred trovò la stabilità sentimentale, che durò per oltre quarant’anni
fino alla sua morte nel 1995.
Il nome di Fred Perry è ancora molto frequente, come abbiamo visto, eppure alcuni considerano la sua fama esagerata, forse perché siccome gli inglesi non ne hanno ancora trovato un erede lo si mitizza troppo. Il sempre caustico Bill Tilden una volta lo definì “il peggior giocatore tra i migliori del mondo”. E c’è chi pensa che la sua influenza sia stata nefasta per i giocatori britannici in quanto per molti anni dopo di lui si volle far imitare il suo diritto, che però era un colpo personalissimo, che non si poteva riprodurre, e che gli derivava dalla precedente carriera di pongista. Lui stesso disse a questo proposito: “Non è questione di produrre un campione, ma che qualcuno abbia talmente tanta fame di vincere che riesca ad arrivare”. Analisi che per esempio quel gran volpone di Tiriac condivideva quando diceva: “In Germania chiedo a un ragazzo come Boris Becker di saltare e lui chiede : quanto alto? In Inghilterra mi chiedono : perché?”.
Il nome di Fred Perry è invece molto noto anche per un altro motivo: alla
fine degli anni Quaranta iniziò a interessarsi di abbigliamento
sportivo, prima creando delle fasce traspiranti poi producendo delle
polo bianche, avendo come modello Lacoste. Queste furono lanciate nel
Wimbledon del 1952 e ebbero notevole successo, con il motivo
ormai universalmente conosciuto della corona di alloro (antico e
originale simbolo di Wimbledon) che si distingue dalla Lacoste per il
fatto che il logo è ricamato nel tessuto piuttosto che essere cucito
come invece avviene per il piccolo coccodrillo francese.
Fred Perry vide il successo della sua linea consolidarsi soprattutto
negli anni Sessanta, allorché il marchio divenne molto popolare tra i
giovani inglesi. Buona parte del movimento giovanile degli anni Sessanta
era conosciuto col nome di Mod, abbreviazione di «modernist»;
appartenendovi si seguiva tra l'altro un certo stile nel vestire, con
abiti firmati Fred Perry, Lonsdale o Ben Sherman, marchi in voga nella
Gran Bretagna di quel decennio che è così ben descritto nel film
Quadrophenia del 1979, in cui recita Sting e la cui colonna sonora vi
invito a scoprire…Ora il brand Fred Perry è posseduto da una
società giapponese ed è sponsor anche di Andy Murray, evidentemente
nella speranza che lo scozzese sia davvero il nuovo Fred Perry.
Pubblicato su Ubitennis il 4 luglio 2011
http://www.ubitennis.com/sport/tennis/2011/07/04/537693-odor_goat_fred_perry.shtml
Pubblicato su Ubitennis il 4 luglio 2011
http://www.ubitennis.com/sport/tennis/2011/07/04/537693-odor_goat_fred_perry.shtml
Nessun commento:
Posta un commento