TENNIS - Recensiamo "Serious", l’autobiografia di McEnroe, datata 2002 e non ancora tradotta in italiano. Il genio ribelle più famoso del tennis si racconta a modo suo. Molteplici sono gli spunti sul tennis attuale e su quello passato: in questa prima parte ne affrontiamo tre: la qualità del prodotto editoriale, il magico Super Saturday dello Us Open 1984 e la rivalità con Bjorn Borg.
Contravvengo ai miei primi propositi (recensire
libri italiani di qualche tempo fa per riscoprirli) facendo un’eccezione
succulenta. M’hanno graziosamente regalato "Serious" di John McEnroe, in lingua originale:
autobiografia scritta nel 2002 con, o meglio, da James Kaplan
(giornalista, sceneggiatore e scrittore). Ho notato che nessuno ne ha
scritto in questo sito perciò pensai, come avrebbe detto un mio avo: chi
non peccherebbe?
Ecco l’edizione che ho tra le mani:
John McEnroe, with James Kaplan, -Serious. The autobiography.
Londra : Little, Brown, 2002 (edizione paperback) - 346 p. - £ 9,99
ISBN : 9780751534214
N.B.: Non tradotta in italiano.
Questa è l’edizione inglese; quella americana ha un altro titolo: You cannot be serious.
Titolo non esattamente originale; curiosità: chi di voi sa davvero
quando fu pronunciata questa frase? Per chi non lo sapesse era martedì
23 giugno 1981, Mac e Tom Gullikson sono in campo, sul campo 1, per un
match di primo turno a Wimbledon, 1-1 nel primo set, 15-40 servizio
McEnroe.
Insomma, signori, come si fa a resistere dal leggerla? E come si fa a
desistere dal raccontarla quando se ne ha la possibilità (non dico le
capacità)? Tanto più che non mi risulta tradotta in italiano (ma potrei
sbagliarmi: attendo vostre eventuali rimostranze). Tra l’altro proprio
in questi giorni (scrivo durante e poco dopo gli US Open 2011) c’è stata
una sorta di battibecco tra il commentatore McEnroe e Andy Roddick.
Cos’è successo? Semplicemente che Roddick, dopo il primo turno
agli US Open, s’è rifiutato di farsi intervistare se John si fosse anche
solo presentato nello studio ESPN. Questo perché McEnroe si
era permesso di criticare il gioco di Andy durante lo scorso Wimbledon e
per un altro paio di commenti in generale sui giocatori attuali.
Roddick nell’intervista poi parlò anche dei commentatori sportivi e del
tennis, dicendo che è il lavoro più facile del mondo e che ognuno può
essere un esperto. Anche noi di Ubitennis, aggiungo io…
Si sono poi ovviamente susseguite le dichiarazioni di stima dei due
uffici stampa, ma questa volta John si è astenuto dal fare polemiche (e
soprattutto dal presenziare all’intervista). Negli ultimi tempi Roddick
sta un po’ deludendo dal punto di vista comportamentale, fuori e dentro
il campo. Già ne scrissi (curiosamente intitolando Super Brat Andy) dopo
la partita contro Cipolla a Madrid 2011 e che potete rileggere qui: la sensazione è che l’ex numero uno degli USA sia decisamente sotto pressione. Ad ogni modo, questa è un’altra storia…
Tornando alla biografia: visti i numerosi spunti di riflessione che
sono sorti sul tennis attuale e su quello passato divideremo questo
pezzo in due, sperando di interessarvi un po’: Ecco gli spunti sorti,
leggendo il testo, sul mondo del tennis attuale:
1. Volevo anche iniziare questa recensione così:
Ho letto l’autobiografia di un famoso tennista americano, scritta
molto bene più che altro da un professionista della scrittura. Questo
giocatore era uno che sin da giovane cercava di andare contro
l’estabilishment ingessato del tennis della propria epoca soprattutto
con il comportamento e a Wimbledon trovava il suo palco principe; fu uno
dei primi ad avere contratti e sponsorizzazioni (anche con una nota
marca di vestiti americani che ha uno swoosh come logo), che è passato
attraverso alcuni periodi di crisi tennistica (tanto da ritirarsi per
qualche tempo per riprendere la “voglia” di giocare e per allenarsi
meglio). Fece uso di droghe, si sentiva molto solo e vuoto nella
sua vita personale e nel circuito anche se era al top delle classifiche
e solo dopo un matrimonio fallito con una nota attrice e altre storie
minori ha trovato una donna (famosa pure lei) con la quale sentirsi
finalmente “realizzato e felice”. Dopo aver appeso la racchetta
professionistica al chiodo ha trovato occupazioni che ancora lo mettono
sotto i riflettori e spesso lo si vede comunque a esibizioni
tennistiche che richiamano sempre molti spettatori: di chi sto parlando?
Nossignori non è Agassi, ma McEnroe.
Insomma, questo per dire un paio di cose: che ultimamente le
biografie dei tennisti sono molto migliorate dai tempi di Tracy Austin
grazie agli scrittori che le rendono decisamente godibili,
nello specifico, sembra davvero di sentire John o Andre parlare, nel
senso che lo stile adottato si avvicina molto al personaggio che si
racconta (quella di Agassi più di quella di McEnroe).
Sembra quasi che l’autobiografia di McEnroe sia la sorella maggiore
di quella di Agassi, e non solo dal punto di vista della trama, come
sopra ho raccontato), ma anche come tipologia di prodotto editoriale.
Curiosità: ultimo match in singolare di John a Wimbledon fu
proprio contro Agassi nell’anno in cui Andre vinse il suo primo Slam; va
da sé che McEnroe sostiene che fossero proprio i consigli che diede ad
Andre qualche settimana prima a far vincere il Kid di Las Vegas.
2. Super Saturday. McEnroe parla del primo Super Saturday agli US Open (8 settembre 1984). Lui stesso andò in campo alle sette di sera dopo che Lendl aveva sconfitto Cash in cinque set e Martina Navratilova battuto in tre set la Evert in finale. John invece affrontava il suo vero nemico di sempre: Jimmy Connors. Anche McEnroe vinse al quinto: era quasi mezzanotte. Il giorno dopo non riusciva a camminare, Ivan negli spogliatoi faceva fatica a piegarsi per toccare le punte dei piedi… Da allora non è che gli organizzatori abbiano saputo migliorare le cose, visto che anche quest'anno le discussioni si sono sprecate… Certo, se già da allora i giocatori avessero fatto più pressioni, chissà…Per inciso: che sabato di tennis quello!!!!!
3. Quando si ritirò Borg (praticamente subito dopo la finale US Open del 1981, ufficialmente qualche tempo dopo: si vede il bell'articolo nel 30esimo anniversario dell'ultimo torneo vinto dallo svedese, John non aveva più punti di riferimento. Sia dal punto di vista sportivo, sia, in un certo senso, da quello umano. In effetti, Borg fu in un certo senso un mentore per McEnroe, e in campo era uno dei pochi a riuscire un po’ a calmarlo (mi ricorda la vicenda Sivori-John Charles, il Gigante buono). Fin da quando s’affacciò tra i pro, McEnroe aveva in Borg l’Orso da battere; insomma, faceva corsa su di lui… Rimasto solo, gli stimoli scemarono; per qualche anno non sapeva più dove girarsi per cercare qualcuno da battere, certo, rimaneva lui stesso: l’avversario più difficile per tutti, il proprio Io…
Perciò mi chiedo: cosa succederà quando si ritirerà Roger? E Rafa?
Che cosa farà Nole? Alla fine penso sia proprio quello che sia successo a
Nadal e a Wimbledon e a Flushing Meadows: quando in finale s’è visto
negli spogliatoi Djokovic son sicuro abbia detto tra sé e sé: “Ehi, un momento, dov’è quel vecchietto svizzero che di solito trovo in questi lidi?”. E durante la partita si sarà certo detto: “Ma com’è che il mio gioco non fa più male a questo giovanotto?”. Ed è quello che avrà pensato qualche anno fa Federer. Ed è quello che pensò McEnroe quando con Sampras diciannovenne pensava bastasse stare un po’ più dietro per batterlo (in realtà gli era accaduto anche prima con Becker, Lendl e altri): “It’s never possible to be prepared when the future takes over from the past”. È impossibile essere preparati quando il futuro sopravanza il passato, chiosa Johnny…
Rimandiamo alla prossima settimana le considerazioni più strettamente legate all’autobiografia… To be continued (direbbe John)…
Recensione pubblicata su Ubitennis il 3 ottobre 2011
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